«I siti hotspot e più in generale “l’approccio hotspot” previsti dall’Agenda europea sulla migrazione non hanno fondamento giuridico – ha rilevato Massimo Gnone, referente Area migranti della Diaconia valdese – perché sono regolati da testi politici senza valore normativo. Il gravissimo comportamento della polizia denunciato da Amnesty, se accertato, si situa in questo inquietante quadro di limbo giuridico in contrasto con le norme italiane e universali in materia di diritti umani. Dal nostro lavoro in Sicilia, sia a Vittoria (Rg) sia con il progetto OpenEurope, in partnership con Oxfam Italia e Borderline Sicilia, emerge come, ad esempio, sovente non siano rispettati i tempi di accoglienza, i migranti non ricevano l’informativa sulla possibilità di fare domanda d’asilo e, aspetto assai grave, i minori siano accolti nei centri hotspot in una situazione di promiscuità insieme agli adulti e per periodi molto lunghi».
«L’approccio hotspot», infatti, è stato adottato per consentire l’identificazione attraverso l’acquisizione delle impronte digitali delle persone che arrivano nei paesi di frontiera dell’Unione europea, come l’Italia. Esso prevede una veloce valutazione dei loro bisogni di protezione e, a seconda dei casi, l’avvio della procedura d’asilo o il ritorno nei paesi di origine.
«Le denunce di Amnesty andranno verificate in profondità – ha dichiarato, per parte sua, a Riforma.it Khalid Chaouki, deputato, membro del Comitato permanente sulla politica estera e relazioni esterne dell’Unione europea e membro della Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema d’accoglienza, d’identificazione ed espulsione e sulle condizioni di trattamento dei migranti – fatto salvo lo spirito di collaborazione che contraddistingue il lavoro della nostra Commissione con tutte le Ong che si occupano di accoglienza e di tutela di rifugiati e i richiedenti asilo. Con altrettanta attenzione dovremo poi distinguere, nel caso di eventuali abusi commessi dalle forze dell’ordine, le negligenze di poche persone dal regolare e prezioso e faticoso lavoro che Polizia, Carabinieri, Guardia di finanza insieme alla Marina militare, sono chiamati regolarmente a fare. Detto questo, sarà nostra premura appurare le responsabilità di chi ha commesso atti lesivi delle libertà e dei diritti, atti punibili dalla legge e condannabili sul piano etico e morale. La Commissione d’inchiesta – prosegue Chaouki – sta monitorando la situazione e ha già fatto diversi sopralluoghi all’interno degli hotspot; la natura ibrida di questi centri lascia molte perplessità su come possano essere trattate le persone qui ospitate. Per questo motivo è stata permessa la presenza, al loro interno, di Organizzazioni non governative e, da poco, anche l’accesso ai giornalisti. É necessario che questi luoghi possano essere permeabili dall’esterno, proprio per monitorare le condizioni dei rifugiati. Ovviamente a tutela di richiedenti asilo ma anche di chi opera in buona fede all’interno delle strutture. Per quanto riguarda le impronte digitali – continua Chaouki – vi è un dibattito acceso e complesso in materia di direttive europee e relative all’ottenimento di impronte digitali; la linea italiana è sempre stata più attenta alle vulnerabilità delle persone da identificare proprio per evitare ulteriori vessazioni o violenze. La Commissione d’inchiesta, in passato, ha raccolto anch’essa denunce da parte di richiedenti asilo relative a maltrattamenti subiti proprio all’interno di hotspot; fatti inauditi e riscontrabili anche all’estero. Dunque, rispettare le direttive europee è estremamente complicato proprio perché si rischia, ottemperandole, di ledere i più elementari diritti umani delle persone. Sicuramente – conclude Chaouki – è mia intenzione, insieme ai parlamentari che lo vorranno, preparare un’interrogazione parlamentare per chiedere spiegazioni su quanto denunciato e per affiancare le indagini intraprese dalla nostra Commissione parlamentare d’Inchiesta, una Commissione sorta dopo le terribili immagini che testimoniavano le vergognose docce disinfestanti fatte ai rifugiati nel centro di di Lampedusa».
Il rapporto sugli abusi pubblicato da Amnesty International si basa su oltre 170 interviste a rifugiati e migranti e rivela gravi lacune nell’«approccio hotspot» abbinato allo schema ricollocazione richiedenti asilo in altri stati membri dell’Unione europea. Infatti, ricorda Amnesty, solo 1200 persone sono state ricollocate dall’Italia, rispetto alle 40.000 previste e a fronte di oltre 150.000 nuovi arrivi via mare di quest’anno e dove, a onore del vero, ricorda ancora Amnesty: «le autorità italiane sono in prima linea negli sforzi per soccorrere persone nella pericolosa rotta del Mediterraneo».
Per leggere il rapporto e la relazione di Amnesty vai su: http://www.amnesty.it/ue-
(Immagine: via Flickr, by FreedomHouse Syrian Refugees)
Fonte: Riforma.it