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L’infanzia calpestata. Intervista a Valerio Neri, direttore di Save The Children

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Save the Children: dall’Atlante dell’infanzia emerge che in Italia 1 minore su 3 è a rischio povertà e esclusione sociale; 4 famiglie povere su 10 soffrono il freddo. La nostra intervista al direttore generale, Valerio Neri

Dal viaggio nell’Italia dei bambini e con i bambini – elaborato da Save the Children e pubblicato da Treccani e presto disponibile nelle librerie – emerge la dura realtà di un’infanzia oggi a rischio, dove spesso: «sin dalla nascita – si legge nel settimo rapporto dell’Atlante – conoscono la povertà nella loro vita, crescono in condizioni di svantaggio e deprivazione rispetto ai loro coetanei e incontrano barriere e ostacoli che li separano da opportunità educative e formative».

Sono migliaia i bambini e i ragazzi fotografati nell’Atlante dell’Infanzia (a rischio) «Bambini, Supereroi» di Save the Children, l’Organizzazione internazionale che dal 1919 dedica la propria attività a favore dei bambini in pericolo e alla promozione dei loro diritti.
L’indagine condotta dalla Ong fa emergere una dura realtà e, allo stesso tempo, anche una grande resilienza, quella che molti bambini stanno sviluppando, malgrado le situazioni di crisi e di disagio in cui spesso sono costretti a vivere e proprio nel nostro paese, l’Italia.

Un paese in cui quasi 1 minore su 3 è a rischio povertà ed esclusione sociale, e dove i bambini di 4 famiglie povere su 10 soffrono il freddo d’inverno perché i loro genitori non possono permettersi di riscaldare adeguatamente la casa. Ed ancora, dove più di 1 minore su 4 abita in appartamenti umidi e ancora dove l’abitazione di oltre 1 bambino su 10 non è sufficientemente luminosa.
1 bambino su 20, poi, non possiede giochi a casa o da usare all’aria aperta e 1 su 10 non può permettersi di praticare sport o frequentare corsi extrascolastici. La percentuale di giovani tra i 18 e i 24 anni che abbandonano precocemente gli studi, fermandosi alla licenza media, tocca il 14,7%, mentre 1 alunno di 15 anni su 4 non raggiunge le competenze minime in matematica e 1 su 5 in lettura. 6 bambini e ragazzi su 10, i cui genitori hanno un titolo di studio basso, sono a rischio di povertà ed esclusione sociale. 5,5 milioni di bambini e ragazzi sotto i 15 anni, inoltre, vivono in aree ad alta e medio-alta pericolosità sismica.

Questi sono solo alcuni dati contenuti nell’Atlante, disponibile online all’indirizzo (http://atlante.savethechildren.it/atlante_2015-bambini_senza.pdf).

«Purtroppo dobbiamo ammettere leggendo l’Atlante sull’infanzia a rischio di Save the Children – ha rilevato a Riforma.it proprio il direttore generale, Valerio Neri – che l’Italia non è un paese adatto a bambini e adolescenti. Questa è la conclusione. É quanto delineato dai dati emersi: l’abbandono scolastico crescente, la povertà, sia economica che educativa, in continuo aumento; l’impossibilità per molti bambini di non potersi riscaldare adeguatamente nelle proprie abitazioni. Dunque, molti bambini sono costretti a vivere al freddo o usufruire di un’alimentazione corretta. Se vogliamo essere sinceri, leggendo questi dati, non possiamo che sentirci sconfortati».

Non è una fotografia un po’ troppo impietosa, per uno Stato democratico e civile come l’Italia?
«Molti dati ci dicono anche che basterebbe davvero poco per risolvere questa drammatica situazione. I ragazzi e i bambini hanno una forte resilienza e una grande capacità di saper ripartire anche in situazioni difficili; per usare delle parafrasi hanno “voglia di volare” e di “aprire le loro ali verso il futuro”. Siamo però chiamati tutti, dalla politica ai diversi segmenti della società a offrire loro reali e concrete opportunità per un futuro migliore, non certamente quello che stiamo preparando oggi e lasciando in eredità».

I dati in vostro possesso come sono stati raccolti e individuati prima della pubblicazione?
«Collaboriamo con l’Istat, da sempre ci segue e ci sostiene. Il nostro compito, forse il più importante, è quello di raccontare i numeri, i dati ufficiali e le statistiche, mettono tutto insieme, e affiancando le nostre valutazioni a quelle dell’Ocse; i dati, da soli, spesso non sono leggibili, vanno dunque spiegati e contestualizzati, proprio per far comprendere l’insieme. Povertà educativa e povertà reale se prese singolarmente raccontano solo una parte, se correlate invece entrano in profondità in un processo di valutazione».

I bambini, se non abbandonati nelle strade italiane – fenomeno fortunatamente non evidente e presente –  vivono in famiglia o a scuola. Avete analizzato anche questi due contesti?
«Certamente, analizzando il fenomeno dell’abbandono scolastico.  La situazione è complessa. I dati ci dicono che sono un milione e trecentomila in Italia le famiglie in condizione di povertà assoluta, queste spesso hanno difficoltà a seguire il percorso educativo dei propri figli. Non partecipando a colloqui con gli insegnanti e professori, per fare un esempio. Questo “gap” di relazioni tra la famiglia e la scuola, spesso è causa di abbandono scolastico. Oltre alla povertà delle famiglie si aggiunge la povertà delle scuole. I recenti terremoti hanno fatto emergere quanto, oltre ai soliti problemi che vedono le scuole senza risorse, spesso sostenute dalle stesse famiglie degli studenti, anche le strutture delle scuole sono spesso precarie e fatiscenti. L’Atlante ricorda che la metà dei ragazzi italiani, dunque cinque milioni, vive proprio nella fascia centrale dell’Italia, dunque nelle zone più esposte a terremoti, dove le scuole non sono antisismiche».

Ciò che emerge particolarmente dall’Atlante è l’allarme povertà. Dove si registrano così tanti poveri tra ragazzi e bambini, è indice  di un’intera società povera. E così?
«La povertà la leggiamo in due modi: quella economica che provoca oggi grande preoccupazione, l’altra, più subdola, che è quella educativa. Chi si trova in povertà relativa, ossia non assoluta, ma dunque sulla soglia della povertà, non è statisticamente definibile come povero, ma potrebbe essere vittima anche della povertà educativa. Molti giovani sono costretti a vivere in zone depresse: senza servizi, senza distrazioni, collegamenti, parchi, aree pubbliche o sportive. Dunque, molte famiglie non hanno nemmeno la possibilità di poter spendere denaro, qualora lo avessero. Queste povertà, se messe insieme, sono quelle che preoccupano maggiormente.  Sono le povertà invisibili che però trafiggono a morte la libertà di molti ragazzi e bambini. Dunque, al di là della scuola, molti giovani non possono nemmeno usufruire di attività extra,  che sono formative e educative».

L’Atlante è stato pubblicato dalla Treccani, un attestato di stima importante. Com’è nata la vostra collaborazione?
«La Treccani si era dimostrata interessata a finanziare un nostro progetto, un Centro educativo, forse tra i più complicati ai quali stiamo lavorando: quello di situato nel quartiere Zen II; il quartiere di Palermo più esposto a fenomeni mafiosi. Così è nata la collaborazione. L’istituto culturale più rappresentativo in Italia ha deciso di aiutare la cultura di ragazzi esposti alla povertà educativa. Poi è nata l’idea, a quel punto, di promuovere insieme l’Atlante, come punto di partenza di questa fruttuosa collaborazione.

L’infanzia in Italia è un tesoro che va protetto, soprattutto se si considera che i bambini nel nostro Paese sono sempre meno. Il 2015 ha fatto registrare il record negativo di nati registrati all’anagrafe: 485.780 bambini, un livello di guardia mai oltrepassato dall’Unità d’Italia».

Fonte: “Riforma.it”


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