“In questa terra ci sono delle eroine e degli eroi di cui nessuno parla ma sono i primi che hanno denunciato questi fenomeni, rischiando la propria incolumità. Sono coloro che in silenzio fanno le proprie battaglie, sono quelli che rischiano non solo conseguenze illegali ma anche legali. Sono i giornalisti di questa provincia”. Ad affermarlo è il Questore di Latina, Giuseppe De Matteis, durante la presentazione del II Rapporto “Mafie nel Lazio”, curato dall’Osservatorio per la legalità e la Sicurezza della Regione Lazio. “La loro – precisa ancora fra gli applausi dei presenti in sala – è un’opera di denuncia che andrebbe valorizzata meglio”.
Una dichiarazione a sostegno del mondo dell’informazione, dei cronisti di provincia, che il Questore annuncia come “centrale” all’interno del suo intervento sulla situazione della criminalità organizzata nel Lazio e sull’attività di contrasto da parte dello Stato. De Matteis, con un passato a Reggio Calabria e Milano, spiega durante la presentazione del Rapporto a Latina, perché una buona informazione è di ostacolo ai boss. “Un po’ tutte le mafie – chiarisce De Matteis – hanno capito che per zittire la stampa basta una querela. Una querela, soprattutto in questi tempi di crisi per l’industria giornalistica, può rendere muto chi può denunciare”. Il Questore chiede maggiore impegno verso il mondo dell’informazione, precisando: “Serve sostenere questo lavoro anche con adeguati strumenti di difesa, i cui costi devono ricadere sulla collettività. Nel momento in cui viene assodato che il giornalista ha fatto regolarmente il proprio mestiere e processualmente confermato che chi cercava di condannarlo al silenzio è un esponente di un clan, lo Stato dovrebbe farsi carico delle spese processuali per garantire davvero un diritto di cronaca e di libertà”.
Un intervento senza precedenti, quello di De Matteis, che ha il sapore di un passaggio di fasi nella lotta alle mafie in provincia di Latina. Soprattutto se si guarda al passato recente e alle affermazioni di un altro esponente delle istituzioni, l’allora presidente della Provincia di Latina, Armando Cusani, che nel 2008 pubblicamente dichiarò: “qui l’unica associazione a delinquere è quella dei giornalisti”. Un capovolgimento di fronti nel rapporto fra istituzioni e giornalisti, in un territorio da anni assediato dai clan e dalla forza economica dei loro capitali sporchi. Nel Basso Lazio – come evidenziato anche nel Rapporto “Mafie nel Lazio” sono compresenti camorre, cosche della ’ndrangheta e altre organizzazioni criminali, anche locali, che operano in franchising, moltiplicando e diffondendo il loro potere criminale, condizionando il tessuto socio – economico, la vita dei cittadini e quella delle pubbliche amministrazioni. Da anni i cronisti locali denunciano, attraverso la cronaca quotidiana e le inchieste, la situazione in cui versa il territorio. Fra attentati, incendi, intimidazioni e episodi singolari i boss assediano la provincia di Latina, la parte che collega a nord verso Roma, il Basso Lazio e il litorale. Negli ultimi anni a Latina si è svolto persino un processo a porte chiuse, quello scaturito dall’indagine “Caronte”, misura che non si era raggiunta neppure per i procedimenti per mafia come “Anni Novanta” e “Damasco”. Un clima di tensione e paura, quello vissuto durante il dibattimento, in cui alcuni testimoni sono stati intimiditi persino all’interno dei Tribunali. A testimoniare la cronaca di questo assedio, infine, ci sono i numeri delle minacce ai giornalisti. Secondo i dati forniti dall’Osservatorio “Ossigeno”, promosso da dall’Ordine dei giornalisti e dalla Federazione nazionale della Stampa, nel 2016 sono 95 i giornalisti nel mirino dei clan nel Lazio. Cifre che collocano la regione fra quelle in cui è maggiormente rischioso svolgere il lavoro di cronista. Fra i casi censiti dall’Osservatorio molti riguardano proprio l’attività di giornalisti e operatori dell’informazione nel Basso Lazio. Si tratta di fatti intimidatori che talvolta arrivano all’attenzione dell’opinione pubblica solo grazie al lavoro degli investigatori. Così è accaduto, recentemente, per l’inchiesta “Don’t touch” e le minacce al giornalista del “Messaggero”, Vittorio Buongiorno. Nell’ordinanza di custodia cautelare contro i boss locali il Gip, Giuseppe Cario, ha scritto: «L’organizzazione criminale colpisce chiunque possa ostacolarla. In qualunque modo […] Intimidisce la stampa locale se questa soltanto riporti all’opinione pubblica e per dovere di cronaca fatti che passano attirare l’attenzione sull’organizzazione che invece a Latina ha tutto l’interesse a tenere il profilo basso e fare affari indisturbata».
Dalle redazioni dei grandi giornali queste ed altre pericolose vicende che caratterizzano il Basso Lazio sono spesso considerate “cronaca locale”, ovvero affare dei giornali a tiratura provinciale e regionale. Di diversa opinione, invece, è il Questore De Matteis che durante il suo intervento sottolinea il cambio di passo nelle misure di contrasto da parte dello Stato a Latina. “La situazione della provincia è stata portata all’attenzione nazionale, in particolare del capo della polizia, Franco Gabrielli – ha spiegato il Questore – il quale ha perfettamente compreso la reale dimensione dei fenomeni che condizionano il territorio. Latina fa parte di poche realtà su cui si sta riordinando l’assetto stesso della Polizia. Vi annuncio dunque che ci sarà un ulteriore potenziamento della squadra mobile e un Super Commissariato nella zona del Sud Pontino”. Poi rivolgendosi al presidente dell’Osservatorio regionale, Gianpiero Cioffredi, e all’aggiornamento del Rapporto, per il prossimo anno, chiosa: “In questa provincia abbiamo seminato parecchio in questo periodo e dopo la semina verrà un momento di raccolta. Il vero volto criminale di questa provincia potrà riservare molte sorprese”.