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La Rai non è un’azienda

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Egregio Direttore Generale, le scriviamo nuovamente per farla partecipe di alcune nostre riflessioni scaturite dal confronto quotidiano che abbiamo con colleghi e cittadini sul tema del Servizio Pubblico e della Rai.

L’azienda è un’organizzazione di beni e capitale umano finalizzata alla soddisfazione di bisogni attraverso la produzione e la distribuzione di beni e servizi verso i clienti. Strutturata e amministrata per il raggiungimento degli obiettivi prefissati da un management.
Una semplice definizione che in sole 3 righe elimina ogni dubbio:
LA RAI NON E’ UN’AZIENDA.

Si potrebbe invece definire la Rai in questa maniera:
La Rai è una galassia di entità atte alla distribuzione di risorse economiche e posizioni di potere o reddito che trae la sua legittimazione dall’incarico di realizzare un Pubblico Servizio.

Chi ci lavora sa bene che sono molteplici le entità che compongono la realtà Rai, ciascuna ha principi di funzionamento propri che spesso confliggono con gli obiettivi e gli interessi delle altre realtà. Ciascuna Entità è gestita da funzionari e dirigenti stratificati secondo le ere “geologiche” in cui hanno ottenuto la posizione di comando. Dirigenti e funzionari che difendono quotidianamente il proprio interesse e più raramente quello della Rai ma sempre e comunque agiscono tutelando la propria “incolumità”, eccellenti nell’arte dello scarico delle responsabilità!

In tale situazione è semplice comprendere come possano, in seno ad un’unica organizzazione, sorgere una miriade di strutture e come queste strutture siano incapaci di produrre autonomamente il Servizio Pubblico Multimediale e per questo siano costrette, o abbiano interesse, ad affidarsi a società terze per realizzare quanto di propria competenza.

In questa babele produttiva il capitale umano presente è molto eterogeneo. Vi si trovano potenti, professionisti, raccomandati, frustrati, furbi, umiliati, incompetenti, generosi, insomma vittime e carnefici, ogni articolazione dell’umana espressione.
La bolgia è così strutturale che ogni volta che una nuova epoca politica porta al comando della Rai un nuovo Direttore Generale esso si trova con in tasca un preciso incarico politico e davanti un muro di impenetrabili resistenze.

Stando cosi le cose sembrerebbe che la situazione Rai sia talmente compromessa da non permetterle né di avere un futuro, né la possibilità di tornare a realizzare il Servizio per cui è nata.

L’Associazione Rai Bene Comune-Indignerai è convinta che invece nella semplicità si possa ricostruire sulle macerie che sono sotto gli occhi di tutti. Tre secondo noi sono i requisiti per far ripartire la Rai.
Il primo requisito è LA SCELTA:
il parlamento deve scegliere di sottrarre la Rai dalle mani del Governo e della Politica e porla nelle mani di un Editore di cittadinanza composto da Associazioni della società civile che abbiano il solo scopo di porre la Rai al servizio del cittadino per il Bene Comune.

Il secondo requisito è IL PRODOTTO:
la Rai deve fare la precisa scelta di porre al centro della propria attività la produzione diretta del prodotto Multimediale smettendo al contempo di usarlo come pretesto per distribuire le risorse provenienti dal canone a società ed individui attraverso costosi appalti e l’assegnazione di posti di potere.

Il terzo requisito è FARSI AZIENDA:
la Rai deve rinunciare definitivamente a funzionare secondo logiche ministeriali e deve farsi azienda seguendo la semplicissima definizione di azienda. Fare propri termini come ORGANIZZAZIONE, BENI, CAPITALE UMANO, SODDISFAZIONE DEI BISOGNI, PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE, STRUTTURA, AMMINISTRAZIONE e MANAGEMENT. Sono semplici parole dietro le quali si impongono scelte ed azioni che riguardano l’azzeramento della classe dirigente della Rai, la cancellazione di appalti e collaborazioni ingiustificate, la rivalutazione delle qualità professionali dei dipendenti e l’investimento in formazione, la cancellazione della burocrazia e la totale riorganizzazione delle strutture, la definizione dei requisiti minimi della qualità di quanto prodotto e l’investimento in uomini e mezzi per realizzarlo.

Egregio Direttore Generale Campo Dall’Orto, avendo lei ignorato ogni nostro tentativo di confronto su questi temi, non sappiamo quale incarico abbia ricevuto da chi l’ha nominata ma sappiamo perfettamente riconoscere attraverso il suo operato quale strada vorrà percorrere. Restiamo in fiduciosa attesa di cogliere i segnali positivi che ella vorrà darci!


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