Come accade spesso bisogna partire dalla fine. Lelio Luttazzi nel 1970 fu arrestato per detenzione di droga: un clamoroso errore giudiziario per il quale venne del tutto scagionato dopo però essersi fatto 27 giorni di carcere, “in una cella fetida, col cesso che aveva un buco così piccolo che dovevi prendere la mira”, raccontò anni dopo. Il dolore e le sofferenze patite da questo geniale artista e protagonista del mondo dello spettacolo italiano sono oggi racchiuse nel libro: “La rabbia in smoking” di Luglio editore. La sintesi dell’ecletticità di Luttazzi è nelle parole di Mina: “Lelio, imperatore dell’understatement, si scherniva se gli si diceva che era bravo, che aveva un swing pazzesco, che aveva garbo, una classe che in giro non c’erano. Né si sono più visti dopo”. La pesante e infondata accusa provocò l’allontanamento di Luttazzi dalla Rai e dal mondo dello spettacolo. Un isolamento – dal 1971 al 1983 – narrato sotto traccia in piccoli racconti o sceneggiature che la moglie Rossana ha voluto pubblicare: pagine inedite di un artista dotato di un’elegante ironia, mai spocchiosa. Vittima di un’ingiusta epurazione che lo aveva indotto a convincersi che “in una società bene organizzata, tutti coloro che abbiano responsabilità sociali – insegnanti, medici, sacerdoti, poliziotti, magistrati – andrebbero psicanalizzati prima di venir immessi nella professione”