C’era da aspettarselo che dopo la vittoria del magnate americano ci sarebbe stata intesa tra Washington e Mosca. Da una parte il glaciale e autoritario Vladimir Putin, ex tenente colonnello del Kgb, una storia costellata di ombre inquietanti a partire dalla sua dirompente ascesa al potere del Cremlino post Eltsin. Alle sue spalle una scia di sangue, quella del suo nemico politico numero uno Boris Nemtsov, guarda caso freddato con quattro colpi di pistola proprio sotto le finestre del Cremlino e di tantissimi giornalisti e dissidenti, a partire da Alexander Litvinenko, l’uomo dei servizi segreti russi avvelenato dal polonio. Dall’altra parte del globo il magnate Donald Trump, un vero e proprio estremista dal pensiero politico razzista e autoritario, tanto da essere spesso associato a David Duke, ex esponente del Ku Klux Klan, che ancora oggi difende a spada tratta l’”eredità culturale” degli europei americani. Pochi giorni fa Anonymous ha divulgato notizie che proverebbero la simpatia di Trump per il gruppo razzista americano, che guarda caso il 3 dicembre ha organizzato una parata in North Carolina per celebrare la sua vittoria.
Due facce della stessa medaglia con l’obiettivo di avere sempre più potere nelle loro mani. Anche l’Europa si sta interrogando sul suo futuro dopo l’elezione di Trump alla Casa Bianca, bocciata con insistenza dal presidente della Commissione dell’Unione Europea, Jean-Claude Juncker.
La Siria – come alcuni sostenevano – si è rivelata come il ponte d’unione tra le due potenze. Non a caso, Trump ha subito affermato di avere una “posizione opposta rispetto a molti sulla Siria” perche’, ha argomentato, “noi stiamo combattendo contro la Siria quando la Siria combatte contro l’Isis e dell’Isis bisogna liberarsi”. La Russia “e’ ora totalmente allineata con la Siria e poi c’e’ l’Iran, che sta diventando potente a causa nostra, allineato con la Siria. Noi appoggiamo i ribelli contro la Siria ma non abbiamo idea di chi sia questa gente”, ha rimarcato il futuro comandante in capo, tenendo a precisare di aver ricevuto “una bellissima lettera” dal presidente russo Vladimir Putin che sentirà telefonicamente a breve.
Insomma, l’amore è sbocciato, la “trait d’union” è al traguardo e l’accordo si preannuncia come un vero e proprio “ordine nuovo”, attraverso un’autorità suprema a cui obbedire. La Russia d’altra parte ricalca un modello istituzionale che non ha più nulla a che fare con la parola “democrazia”. Dai giornalisti alle Pussy Riot il modello per zittire le voci della protesta e del dissenso non cambia molto. Negli Stati Uniti l’aria che si respira inizia a somigliare a quella del Cremlino con diktat striscianti e avvertimenti. Come quello lanciato a Obama dallo staff di Trump o le manifestazioni contro l’ascesa del magnate che hanno provocato centinaia di arresti. Episodi che possono essere interpretati come la prova emblematica che qualcosa sta cambiando anche nel Paese dove un tempo tutti i sogni potevano diventare realtà.