Un team di arcimiliardari hanno scritto quelli di Politico. Il sito ha fatto due conti: sommando i patrimoni dei possibili componenti del futuro governo Trump si arriva a 35 miliardi di dollari. Non male come bottino . Quelli di Quartz hanno sviluppato il concetto, hanno pensato che valesse la pena fornire ai lettori un metro di paragone. Così hanno dimostrato, numeri alla mano, che la sola ricchezza detenuta dai prossimi governanti americani supererà il prodotto interno lordo di ben 100 nazioni del pianeta. E questo dice tutto.
La storia ovviamente non è nuova. Pure noi italiani abbiamo affidato per parecchi anni le mani del paese a un miliardario e così hanno fatto gli inglesi col governo Cameron. Ma con l’amministrazione Trump si fa un bel salto di qualità: se non ci saranno novità saranno tutti super ricchi quelli chiamati a prendere le decisioni più importanti per gli Stati Uniti. E ci sono un paio di implicazioni da non trascurare. La prima è che Trump si è presentato nel corso di tutta la campagna elettorale come il campione del “forgotten man”, del cittadino dimenticato, della classe media impoverita. Ora però non sta certo chiamando i minatori dell’Ohio o gli operai del Michigan al governo. Sta contattando la élite che più élite non si può. E’ qui il punto che merita di essere messo a fuoco. Ricordate il movimento Occupy Wall Street? Nella loro homepage, sotto la testata c’è scritto “We are the 99 per cent”, siamo il 99% . Il loro approccio era l’unico corretto: se vuoi saldare il punto di vista della classe media bianca, in difficoltà economiche, con quello degli altri gruppi sociali svantaggiati devi denunciare ( e combattere concretamente) lo strapotere dell’1% dei super ricchi collegato a quello della finanza. I democratici in campagna elettorale non l’hanno voluto fare: troppe esitazioni, troppi compromessi aveva denunciato Sanders, non a caso l’unico veramente popolare fra i candidati democratici alla Casa Bianca. Così è passato il punto di vista della destra: le élite sono solo i liberal, quelli che vogliono i diritti civili, i cantanti, gli attori, gli intellettuali delle città, i professori, i giornalisti. In questa visione deformata gli stramiliardari sono gli “amici del popolo”, basta che trovino un campione capace di imitare il linguaggio di minatori, lavoratori, camionisti, gente che fatica e non ha tempo per leggere.
Siamo dentro un paradosso enorme, come in un Truman show, dove la realtà costruita dalla rappresentazione prende il posto di quella basata sulla vita reale. Ma è uno schema ideologico che funziona perché si alimenta di proposte contro immigrati e importazioni che strizzano l’occhio a un protezionismo anti globalizzazione. Che poi siano balle, più propaganda che sostanza, conta poco. Questo schema può essere smontato solo se ci sarà qualcuno in grado di porre con forza la questione di fondo delle nostre società: l’altissimo livello di disuguaglianza economica presente oggi nel mondo cui va contrapposta la comunanza di interessi del 99% dei cittadini contro l’1% della vera élite, quella di chi detiene potere e ricchezza. Gente che è capace, come i plutocrati di ogni tempo, di dirottare la rabbia dei cittadini contro altri obiettivi per continuare a fare alla grande i propri affari fino ad assumere in prima persona la guida politica del governo di un paese.