Dalla fine del 2013 il 2 novembre è per le Nazioni Unite la giornata mondiale dedicata a fermare l’impunità sistematica dei crimini contro i giornalisti. Una data individuata dalla risoluzione dell’Assemblea generale che l’ha istituita, per ricordare l’assassinio di due inviati francesi in Mali, ma anche la più grave strage di reporter della storia avvenuta quattro anni prima a Maguindanao nelle Filippine; in oltre trenta vennero trucidati, e in entrambi i casi non si è mai arrivati a individuare i colpevoli.
Nel settembre 2014 il Consiglio Onu per i diritti umani ha approvato una risoluzione che richiama ogni stato membro all’attuazione di una serie di misure per fermare gli attacchi ai giornalisti, attuare investigazioni intransigenti e punire i colpevoli di questi reati. Ma non sembra aver avuto effetto pratico, come dimostrano i report che il Direttore generale Unesco presenta ogni due anni sullo “stato dell’arte” della sicurezza dei giornalisti e lo stato di salute dell’informazione nel mondo.
Anche il report di quest’anno, che sarà presentato il prossimo 17 novembre al 30esimo Comitato intergovernamentale dell’organizzazione, denuncia una situazione in via di deterioramento sul fronte degli attacchi ai giornalisti, fisici e giudiziari.
Crimini veri e propri, come dimostrano gli 827 reporter uccisi nel mondo negli ultimi dieci anni, secondo quanto verificato dall’Unesco (solo nell’8% dei casi si è arrivati a una condanna dei colpevoli), ma anche crimini di stato, per così dire, quali sono le leggi liberticide, l’aumento di controlli, arresti, censure, chiusura di giornali, radio, tv, siti e blog che si registrano in tutto il mondo, le regole per bloccare le informazioni sul web come anche la concentrazione dei media in pochi global player in barba al pluralismo. Crimini perpetrati da vere e proprie dittature come da stati formalmente democratici che questa natura stanno perdendo rapidamente, ma anche da soggetti privati che dal controllo dei mezzi d’informazione si servono per accrescere potere e spazi di mercato.
A questa sistematizzazione degli attacchi alla sicurezza dei giornalisti e alla salute dell’informazione indipendente vorremmo aggiungere un capitolo, tipicamente italiano ma che sta contagiando anche paesi un tempo immuni dal fastidio per la stampa libera, e quindi per la libertà di espressione dei loro cittadini. Ci riferiamo al cancro delle querele temerarie, assurto a sistema di censura che sta trasformandosi da repressiva in preventiva, con il crescere delle diffide a pubblicare inchieste o anche solo pubblicare notizie scomode per il potente o l’azienda di turno; diffide e minacce di azioni che oggi ricevono quasi quotidianamente i cronisti. Un’arma che, se innocua per quanti hanno l’ombrello di un editore forte, riesce a silenziare molto spesso piccoli media locali, blogger o free lance anche solo per l’implicita minaccia di una causa, con conseguente esborso per spese legali. Un’emergenza democratica insomma, purtroppo ancora non abbastanza percepita come tale dai cittadini e quindi “dimenticata” dal parlamento.
“La società nel suo insieme soffre di questa impunità. Il genere di notizie che vengono ‘silenziate’ è proprio il genere che il pubblico ha bisogno di conoscere. L’informazione è indispensabile a prendere le migliori decisioni nella loro vita, siano economiche, sociali o politiche. Questo accesso a un’informazione affidabile e di qualità è la vera pietra angolare della democrazia, del buon governo e di istituzioni efficaci”.
Riprendiamo questo passaggio dal comunicato Unesco sulla giornata del 2 novembre 2016: è un principio elementare (peraltro ripreso dagli Obiettivi di sviluppo del millennio tra i quali è compresa la necessità di garantire “accesso pubblico all’informazione“), che ripetutamente abbiamo espresso e che milioni di persone nel mondo ogni giorno hanno modo di sperimentare sulla propria pelle. Un principio tanto essenziale da meritare una giornata mondiale speciale per fermare l’impunità imperante per chi attacca, anche fino all’omicidio, i giornalisti che fanno bene il proprio mestiere. Non bastava il 3 maggio, giornata mondiale, appunto, per la libertà d’informazione: l’impunità è la nuova frontiera. Vorremmo che sia l’ultima e che, come tutte le frontiere che bloccano la libera circolazione delle persone, venga abbattuta per aprire le porte alla conoscenza. Cominciamo, ad esempio, dal nostro paese e ripristiniamo la legalità democratica difendendo il dovere d’informare e il diritto ad essere informati.