Cuperlo si fida e accetta la promessa di cambiare l’Italicum, “a babbo morto”. Ovvero dopo il referendum. Quindi, voterà sì, come se le riforme referendarie non fossero di per sé un problema, ma solo in combinato con l’Italucm. Criticare Cuperlo è difficile, tanto è accattivante – un un era di chiassoso carisma – la sua colta mitezza. Ma non convince la sua decisione di desistere nell’opporsi a questo referendum, basata su una promessa così flebile. E ignorando completamente la manipolazione della Costituzione che avverrebbe in caso di prevalenza del sì.
Allora perché l’ha fatto? Escludiamo subito l’ingenuità, che non s’addice a un politico navigato come lui. Escludiamo il complotto, troppo volgare per la sua innata classe. Resta la sua avversione del conflitto, che comporta il rischio di trovarsi all’addiaccio, fuori dal confort delle tiepide terme del PD, dove si discute, ma tutti immersi nella vasca riscaldata del grande partito.
Il conflitto, invece, comporta una imprudente separazione. Cioè ripartire, rimettere in discussione le proprie relazioni, riconfigurare le proprie scelte. Ce lo vedete voi Cuperlo esposto a queste intemperie come è successo a Civati, Fassina, D’Attorre ed altri dissidenti fuoriusciti dal PD? No, piuttosto fa una comparsata unitaria a Piazza del Popolo e si accontenta di un documento scritto con l’inchiostro simpatico. Che evapora con la fatidica motivazione dell’inadempimento delle promesse per il “mutato contesto”. Un documento che non sarà mai smentito dall’astuto Renzi, ma sempre rimandato a quando “si creeranno le condizioni”.
Insomma, il figliuol prodigo è ritornato a casa. Alla Leopolda si festeggia.
Non mi stupirei se Radio Maria Elena Boschi dicesse che Brunetta è la punizione divina per la resistenza di Bersani.
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