Tierra, techo y trabajo. sono le tre T (in spagnolo per terra, casa e lavoro) che hanno fatto da bussola al terzo meeting mondiale dei movimenti popolari, tenutosi a Roma nei giorni scorsi. una iniziativa che prosegue un programma di grande respiro del pontificato di Bergoglio avviato due anni fa, grande prova di capovolgimento delle prospettive, a partire dalla centralità data alle “organizzazioni degli esclusi”, come le ha definite il papa.
Un momento di forte protagonismo delle reti sociali concluso dall’assemblea plenaria, a cui Articolo 21 ha preso parte insieme alla Tavola della pace, in una delegazione composta anche da amministratori locali, docenti e studenti, cittadine e cittadini che hanno dato vita lo scorso 9 ottobre alla Marcia Perugia-Assisi.
E’ stato, infatti, un evento di confronto e di partecipazione, con esperienze condivise da tutti i continenti, in particolare dalle periferie del mondo silenziate dalla “tirannia del denaro”: dalle reti contadine alle campagne mondiali per il diritto alla casa, al movimento dei “cartoneros”, i milioni che nel mondo lavorano notte e giorno nelle discariche per recuperare materiali dai nostri scarti. Molta attenzione per i lavoratori bengalesi schiavizzati in piccole fabbriche in Italia, e tanti applausi per gli spazi dedicati al popolo kurdo e alle sue donne partigiane di Rojava, ma anche per la donna di Scampia che lotta per avere una casa popolare. Tante provenienze, sociali, culturali, molte non cattoliche, realtà fino a qualche tempo fa illuminate sporadicamente dai media, spesso come elemento quasi folcloristico, per lo più in occasione dei forum sociali mondiali, e che poi, con la crisi finanziaria globale, sono state cancellate dal racconto e, quindi, dall’immaginario diffuso, ma non dalle realtà in cui proseguono il loro cammino.
I tre giorni di lavori, preparati anche grazie all’impegno dell’ex presidente uruguayano Pepe Mujica, hanno ridato voce a queste realtà che Papa Francesco chiama “protagoniste di cambiamento”, contro gli inutili slogan (nominalismi dichiarazionisti li definisce) delle conferenze internazionali, per rimettere l’essere umano al centro. Un obiettivo che ora in Vaticano sarà competenza del nuovo dicastero che il papa ha affidato al cardinale Peter Turkson, “Servizio per lo sviluppo umano integrale”, che ingloba le competenze di quattro dicasteri ora soppressi, dando sistematicità alle problematiche umane, dalla tutela dei diritti umani e della dignità del lavoro, alla cura del creato, ai migranti, al disarmo; cioè all’impegno per contrastare quello che il papa definisce “il terrorismo di base che deriva dal controllo globale del denaro sulla terra e minaccia l’intera umanità”.
Un compito vasto, ma perfettamente rispondente alla visione del mondo di Francesco (visione politica prima che religiosa), che abbiamo potuto ascoltare in tutta la sua lucidità e determinazione nel discorso con cui il pontefice ha chiuso i lavori.
L’informazione ha dato grande rilievo, giustamente, alle parole sulla tragedia di migranti e profughi, “bancarotta dell’umanità” l’ha definita Francesco, e al paragone tra il fiume di miliardi per salvare le banche in crisi e gli spiccioli per salvare vite umane. Ma sarebbe riduttivo leggere solo i riferimenti alle urgenze umane più ovviamente collegabili al Giubileo della misericordia. Bergoglio ha avvertito i rappresentanti dei movimenti mondiali presenti: “Finché vi mantenete nella casella delle ‘politiche sociali’, finché non mettete in discussione la politica economica o la politica con la maiuscola, vi si tollera … mi sembra a volte una specie di carro mascherato per contenere gli scarti del sistema. … Ma quando pretendete di indicare al potere una impostazione più integrale, allora non vi si tollera più, … vi state mettendo sul terreno delle grandi decisioni che alcuni pretendono di monopolizzare in piccole caste”. Ma la missione di questi protagonisti del cambiamento è proprio di rifondare le democrazie, atrofizzate per il crescente divario tra i popoli e le istituzioni, “conseguenza dell’enorme potere dei gruppi economici e mediatici che sembrano dominarle”.
Il meeting mondiale chiuso da Bergoglio ci consegna una riflessione anche su responsabilità e compiti dell’informazione, a partire dalla crescente diffusione delle paure che sono carburante per le tirannie e generano odi e muri. Già lo scorso ottobre Francesco, in uno dei suoi video che mensilmente dedica a un tema, si era rivolto ai giornalisti chiedendo uno sforzo per porre i media al servizio di una cultura dell’incontro. Da qui potremmo, laicamente, ripartire per rimettere al centro della nostra professione il rispetto etico della verità per creare ponti e non muri.