Dopo l’ennesimo fallimento su una proposta di mediazione portata a Damasco, l’inviato dell’Onu in Siria, Staffan De Mistura, ha affermato che “il tempo per Aleppo Est sta per scadere”. Le parole del diplomatico delle Nazioni unite non sono solo un monito, ma qualcosa di più. Aleppo Est non esiste più. Gia ora.
L’umanità è morta con le decime di bambini uccisi nelle ultime 24 ore, compresi i neonati nell’ospedale pediatrico, l’unico ancora operativo nella zona della città distrutta dai raid aerei, lasciando 250.000 residenti completamente senza assistenza sanitaria.
In precedenza altre quattro strutture erano state colpite e costrette a chiudere. L’Omar Bin Abdul Aziz Hospital è stato bombardato poco dopo le 8:30 di ieri e non per errore ma come obiettivo dei jet russi e siriani che hanno preso di mira in maniera sistematica i civili e non solo i ribelli.
Testimoni raccontano di “bombardamenti intensificati” negli ultimi giorni.
David Nott, chirurgo di Msf con decenni di esperienza di lavoro in zone di guerra, racconta che da quando è impegnato a supportare i medici di Aleppo ha “visto cose che in tanti anni non erano mai state così orribili”.
Immagini di pazienti, tanti, troppi bambini, con lesioni terribili, di persone abbandonate sul pavimento in un pronto soccorso, di morti mescolati ai vivi.
Uno scenario da apocalisse, la fine di una città dilaniata dalle bombe. Senza più speranze.
E la comunità intrnazionale le ha voltato le spalle.
I siriani di Aleppo sono condannati. Nessuno si preoccupa di loro.
“Siamo solo arabi sunniti che vivono in un inferno di cui nessuno vuol più sentir parlare” dice Farida, giovane infermiera scampata all’ultimo raid.
“Se avessimo tra noi un francese il mondo intero si mobiliterebbe per lui. E invece siamo ignorati. I feriti stanno morendo. Oggi ho visto un paziente con lo stomaco aperto in sala operatoria abbandonato a se stesso, donne che avevano appena dato alla luce i loro bambini lasciare la sala parto ancora sanguinanti, neonati morti asfissiati nelle incubatrici rovesciate dalla deflagrazione delle bombe”.
Sono almeno 250 le persone rimaste uccise ad Aleppo da martedì scorso, 55 civili, inclusi 8 bambini denuncia l’Osservatorio nazionale siriano, solo ieri.
Damasco, tramite l’agenzia ufficiale Sana, accusa invece i ribelli di aver colpito con un mortaio la scuola al Furqan nella zona occidentale sotto il controllo dei governativi.
Sette gli scolari uccisi, morta anche una maestra.
Aleppo, seconda città della Siria, dal 2012 è spaccata in due: la zona ovest controllata dal regime del presidente Bashar al Assad e i quartieri ad Est in mano ai ribelli.
Nelle ultime settimane l’esercito di Assad, supportato dai russi, ha riconquistato gran parte del territorio, massacrando senza remore la popolazione civile che si frappone fra loro e la supremazia assoluta sull’opposizione armata.
In questa ennesima giornata di dolore l’unico segnale di vicinanza alla Siria è arrivato, come già in passato, dalla Santa Sede. Papa Francesco, a chiusura del Giubileo ha indicato monsignor Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, quale primo cardinale nominato per l’occasione in Vaticano.
“L’annuncio della nomina – ha detto Zenari – è un messaggio di speranza. I patriarchi, i vescovi, la gente, sono entusiasti perché ora la Siria è l’unico Paese che ha un Nunzio cardinale, quindi non siamo dimenticati. Sappiamo che il Papa ci menziona sempre. È stato un bel gesto”.
Il neo cardinale è nel Paese da otto anni. Ha vissuto il conflitto dall’inizio, giorno dopo giorno. Lo ha visto evolversi continuamente, in modo sempre peggiore. Ma non ha mai perso “la fede in una possibile soluzione”.
La speranza di monsignor Zenari, che una svolta possa prima o poi arrivare, è riposta nella convinzione che l’uomo, essendo dotato di coscienza e intelligenza, a un certo punto faccia prevalere la propria natura umana e “convincersi che non si possa andare avanti in questa maniera”.
Ma guardando al bollettino di guerra delle ultime 24 ore è difficile credere che ad Aleppo sia rimasto un solo, minimo, barlume di umanità.