Naturalmente elegante, colto, amante della letteratura e della cultura, così convinto della sua bellezza e ricchezza da volerla condividere con gli altri. Ha portato la letteratura in mezzo al pubblico, facendo rivivere i classici attraverso la sua voce, spiegandoli, in maniera affabile, semplice e colta, Come ha fatto con la Divina Commedia di Dante, prima dai microfoni di Radiotre, poi in giro per l’Italia, nelle strade, nelle piazze, nei teatri.
I ragazzi delle scuole gli chiedevano l’autografo, i più anziani recitavano a memoria i canti dell’inferno del purgatorio e del paradiso insieme a lui nel corso delle sue letture pubbliche. Era venuto anche a Rebibbia, insieme alla sua Lulli, tra i detenuti a fare una lezione su come nasce una poesia. Aveva spiegato le rime come le onde e la risacca, aveva letto l’Infinito di Leopardi e la poesia di Pasquale, uno dei detenuti che raccontava la sua sfida al foglio bianco prima di trasformarlo con le parole scritte.
Era tornato poi, a grande richiesta, per leggere insieme alcuni brani dell’Eneide, di cui da poco era uscita la sua traduzione in italiano corrente. Lo abbiamo ascoltato in silenzio nel corridoio della quinta sezione, mentre ci regalava l’amore per la cultura, per la poesia, per la mitologia e la storia.
Qualche giorno dopo, tornando in carcere, ho visto Sergio e Salvatore in biblioteca. Stavano leggendo insieme l’Eneide che Vittorio Sermonti aveva lasciato come dono. Per Salvatore era una vera sfida. non aveva mai letto un libro del genere. Sergio lo aiutava a capire. Salvatore era felice. Aveva scoperto un mondo nuovo. Anche noi gli siamo grati per il suo lavoro, per la sua passione, per la sua arte. E lo ringrazio anche per la sua amicizia, preziosa, discreta, generosa.