Il Presidente Obama, la Clinton e gran parte dei media occidentali descrivono la candidatura di Trump come una minaccia alla democrazia. Può darsi sia così. Ma come definire la concentrazione oligopolistica dei media, il fatto che i proprietari facciano lobbying sui politici, che praticamente tutta la stampa e le tv siano schierate con un candidato, mentre i loro giornalisti – come Wikileaks dimostra – sono talvolta collusi alla campagna elettorale di quello stesso candidato? Non è, pure questo, un duro colpo alla credibilità della democrazia e alla sua capacità di dare realmente la voce al popolo?
– di Daniele Scalea –
I giornalisti statunitensi dipingono la sfida Clinton-Trump come una lotta tra democrazia e dittatura. Ma mai come in queste elezioni i media sono stati unilaterali nell’appoggiare un candidato. Wikileaks ne rivela le collusioni con Hillary
Negli Stati Uniti il giornalismo è tradizionalmente considerato una parte costitutiva della sua democrazia. Thomas Jefferson, padre costituente e terzo presidente, scrisse di preferire “i giornali senza un governo” a “un governo senza giornali”. Da allora si è creata un’autentica mistica sul ruolo dei media, “cani da guardia” dei cittadini contro gli abusi della politica. Ma troppo spesso i pretesi watchdogs sembrano essersi trasformati in cagnolini da compagnia dei potenti.
I media a livello mondiale, seguendo le dinamiche del libero mercato prima ancora che precisi disegni politici, si stanno aggregando fino a creare pochi oligopoli, solo in piccola parte controbilanciati dall’esplosione dell’informazione via internet – che, proprio per la sua sterminata pluralità, non può competere con la pervasività dei canali televisivi e radio e delle testate giornalistiche… Da informarexresistere