I 20 anni di “Un posto al sole” sono una sorta di fenomeno culturale divenuto oggetto di studio anche all’Universita’ di Napoli, con un seminario del dipartimento di Scienze sociali della Federico II. I sociologi al tavolo delle riflessioni costituiscono per noi di Articolo 21 l’occasione per riproporre un post pubblicato quando Napoli piombo’ nell’incubo per l’incendio di Citta’ della scienza,tre anni e mezzo fa e che bene da’ il senso di quel che e’ la soap realizzata all’ombra del Vesuvio.Una digressione prima di ripubblicarla, per trasmettere a chi segue la tv da casa una sensazione personale. Il centro di produzione di Napoli,all’interno del quale opera la redazione del Tgr Campania possiede ,rispetto alla cittadella dell’informazione di Saxa Rubra, la ricchezza della contaminazione di generi. Gli attori della soap s’incontrano come colleghi a mensa,al bar e in altri luoghi della struttura di Fuorigrotta, che fu un’avanguardia architettonica quando venne costruita negli anni sessanta. La cosa piu’ curiosa,dopo tanti anni, e’ che se parli con Alberto (Rossi) un po’ ti riferisci all’attore livornese,un po’ al giornalista napoletano (Michele Saviani) e cosi’ se discuti di calcio con Patrizio Rispo, un po’ ti sembra di aver a che fare col portiere, non tra i pali, di Palazzo Palladini. Una simpaticissima confusione tra fiction e realta’ di una soap che nel racconto guarda sempre alla cronaca.