Il processo per il delitto del sociologo e giornalista Mauro Rostagno, celebrato in Corte di Assise a Trapani e conclusosi nel maggio 2014 (adesso si sta svolgendo il processo di appello a Palermo) con la condanna all’ergastolo per i mafiosi Vincenzo Virga (mandante) e Vito Mazzara (sicario), ha avuto un retroscena a dir poco curioso. L’ex pm trapanese, oggi Procuratore della Repubblica ad Enna, Massimo Palmeri, assieme alla moglie, la prof. Anna Maria Navarra, hanno infatti querelato, dapprima dinanzi al Tribunale di Caltanissetta, procedimento poi trasferito al gip di Catania, i pubblici ministeri del processo di primo grado, Francesco Del Bene (pm a Palermo) e Gaetano Paci (oggi procuratore aggiunto a Reggio Calabria) e tre giornalisti, Gianfranco Criscenti (Giornale di Sicilia), Rino Giacalone (collaboratore de La Stampa, ma in questo caso citato per articoli apparsi su Articolo 21 e Libera Informazione) e Salvatore Gaetano Liotta (Marsala Viva), ritenendosi diffamati.
Volendo sintetizzare la denuncia querela, il procuratore Palmeri e la moglie hanno ritenuto che i pubblici ministeri della Dda di Palermo, nel corso della requisitoria avanti la Corte di Assise di Trapani, abbiano sondato il tema della Loggia Scontrino mettendoli in cattiva luce. Nei confronti dei pm in particolare avevano chiosato sottoscrivendo questa dichiarazione, i pm nell’esposizione della requisitoria “non hanno libertà di diffamare” e poi nei confronti dei giornalisti avevano sempre sottoscritto nelle loro citazioni “hanno fatto da cassa di risonanza”. Nel corso dell’audizione di un carabiniere questi infatti parlando della Iside 2 aveva fatto il nome della moglie del dott. Palmeri, che all’epoca non era ancora la sua consorte, per avere assunto incarichi in un centro di formazione gestito dal gran maestro della loggia, e nella risposta il teste aveva indicato la donna quale fidanzata del dott. Palmeri. Una querela però finita in archivio.
Durante il processo per il delitto Rostagno i pm avevano evidenziato, come poi sancito dalla Corte nella sentenza, che il tema delle indagini sulla loggia Antonio Scontrino, crocevia di legami e interessi di natura massonica e mafiosa, costituiva un passaggio necessario per l’individuazione dei mandanti ed esecutori dell’omicidio di Mauro Rostagno. Anche perché la loggia Scontrino fu oggetto di indagini giornalistiche da parte dello stesso Rostagno. E parlando di Iside 2 i pm, nel corso della requisitoria, avevano ricostruito l’ambiente sociale, economico ed istituzionale della Trapani degli anni ottanta e quindi anche i contatti della massoneria con magistrati e giudici, e si sono richiamati alle dichiarazioni rese da quel carabiniere, ripetendo i nomi da lui fatti, quello del giudice Lombardo e del pm Palmeri, con ovvie distinzioni. Un discorso che senza dubbio suscita amarezza, tanto che i giudici della Corte di Assise nel relativo passaggio delle motivazioni peraltro hanno sottolineato: “Capitolo dolente, in una ricognizione che non voglia lasciare zone d’ombra del disegno processualmente accertato di penetrazione e infiltrazione in tutti gli apparati di potere della cricca facente capo al prof. Grimaudo, è quello dei rapporti con la magistratura, o più precisamente con singoli magistrati…In questa ottica di potenziale proselitismo e comunque di strategico interesse ad allacciare relazioni che in prospettiva potessero tornare utili al Grimaudo e alla sua cricca sembra potersi inquadrare l’unico riferimento, per altro indiretto, che compare, tra le risultanze del processo Scontrino versate nel presente dibattimento, ad un altro magistrato (tuttora) in servizio presso il Tribunale di Trapani e cioè il dott. Massimo Palmeri. Come nel caso del giudice Lombardo anche la moglie (allora futura consorte ndr) del dott. Palmeri ricevette un incarico retribuito (di pochi mesi, dal 4 giugno al 4 novembre 1986) in uno dei corsi di formazione professionale predetti (e precisamente quello per segretaria d’azienda”). La colpa dei pm insomma per i querelanti eccellenti sarebbe stata quella di ricostruire le vicende giudiziarie della Iside 2, quella dei giornalisti di avere riferito del contenuto dell’intervento dei pm, e vale la pena ricordare un altro passaggio:
“Una loggia dove erano scritti mafiosi, politici, nelle agende furono trovati appunti e indicazioni da ricondurre anche a giudici e magistrati, come il dott. Lombardo e il dott. Palmeri, una loggia che arrivava dunque fin dentro le stanze delle istituzioni e Rostagno se ne stava occupando, solo che quei verbali per anni sono rimasti non considerati, dimenticati, sepolti, se non emergere adesso nel corso del dibattimento….”. La Procura di Caltanissetta, che inizialmente ha istruito il fascicolo, aveva chiesto al gip nisseno l’archiviazione della querela, ma per la opposizione dei querelanti è stata necessaria una udienza dinanzi al gip, di Catania (per la sopravvenuta incompetenza del Tribunale di Caltanissetta in quanto il dott. Palmeri aveva intanto preso servizio alla Procura di Enna), e dopo la discussione delle parti lo scorso 12 settembre il gip Currò ha archiviato. Nessuna diffamazione è stata condotta dai pm quanto dai giornalisti. Nelle 17 pagine di motivazione dell’archiviazione il giudice ha respinto le osservazioni del procuratore Palmeri e della moglie, la condotta dei pm Del Bene e Paci è stata corretta: “…ci sono stati fatti descritti e fedelmente riportati nella requisitoria e comunque dal collegamento (tra i due processi, Rostagno e Iside 2 ndr) non è mai stata affermata dagli inquirenti un coinvolgimento dei denuncianti, né condotte per il magistrato Palmeri meritevoli di censura…non è stato leso alcun onore”. Archiviazione anche per i giornalisti, “hanno riprodotto il contenuto della requisitoria, anche con passaggi testuali”.
In particolare i querelanti avevano puntato il dito contro gli articoli apparsi su Articolo 21 a firma del giornalista Giacalone per avere egli ricordato che il dott. Palmeri anni dopo le vicende processuali iside 2 si ritrovò ad essere il magistrato che archiviò l’indagine sul delitto Rostagno. “Giacalone –hanno affermato durante la discussione gli avvocati Enza Rando e Domenico Grassa che lo hanno difeso – ha ricostruito, con puntualità, la cronaca dei fatti processuali emersi durante l’intero processo a carico di Virga Vincenzo e Mazzara Vito… E in questa ricostruzione non potevano non trovare spazio le dichiarazioni rese nel corso della requisitoria dai pm, Paci e Del Bene “. Valutazione accolta dal gip per Giacalone e per gli altri giornalisti querelati: gli articoli non costituiscono nient’altro che la legittima espressione del diritto di cronaca giornalistica così come tutelato all’art. 21 della Carta Costituzionale, “non vi è stata alcuna ricostruzione distorta della realtà”. Per tutti i giornalisti denunciati, Criscenti, Giacalone e Liotta il gip di Catania ha ritenuto il corretto esercizio del diritto di critica e di cronaca, nessuna diffamazione”. “Una querela – commenta oggi il giornalista Rino Giacalone – che mi ha sorpreso perché intanto prendeva di mira il lavoro di altri pm, e poi dei giornalisti, ho trovato le mie ragioni giustamente tutelate dalla difesa degli avvocati Enza Rando e Domenico Grassa, ricordo che il contenuto della requisitoria e gli articoli provocarono, ancora prima della presentazione della querela, una vera e propria tempesta all’interno della sottosezione di Trapani dell’Anm che secondo alcuni iscritti avrebbe dovuto dare solidarietà a Palmeri, e se proprio non era opportuno indirizzare la solidarietà per il contenuto della requisitoria, perché colpiva il lavoro di altri pm, allora qualcuno pensava fosse più facile concedere solidarietà a fronte degli articoli giornalistici. Ma alla fine per quel che so nessun genere di solidarietà risulta essere stata data. Oggi c’è una decisione che ci riconosce, per quel che ci riguarda come giornalisti, di avere fatto il nostro dovere, cioè quello di informare correttamente”.