Era un fotografo di guerra, non certo perché amasse le guerre ma perché correva sempre dove c’erano da documentare le atrocità. Era stato praticamente in tutte le zone di conflitto, dal Libano dove una sua immagine aveva vinto un premio al World Press Photo, un bambino morto dopo il bombardamento di Qana, e in Siria dov’era stato rapito dall’Isis insieme all’inglese John Cantlie, tuttora prigioniero. Ma la vita di Jeroen Oerlemans, olandese, si è fermata in Libia. Quarantacinque anni, una moglie e tre figli piccoli, è stato colpito al cuore da un cecchino a Sirte. Era al seguito di un gruppo di sminatori dopo la liberazione della città. E’ stato trasportato all’ospedale di Misurata ma i medici non sono riusciti a salvarlo.
Il fotoreporter, con studi al London College of Communication, era originario di Amsterdam: lavorava come freelance per alcune testate olandesi, tra cui il magazine Knack e il de Volkskrant, che hanno confermato la sua morte. Avrebbe dovuto rivedere la famiglia proprio domani, al suo rientro a casa. “Jeroen è sempre stato prudente”, ha raccontato l’amico Eike den Hertog. Non è bastato questo a salvarlo; lo ha comunicato ufficialmente l’ambasciatore olandese in Libia, Eric Starting: “Riposa in pace. Porteremo con noi, per sempre, le tue fotografie di Sirte e delle altre parti del mondo”. La tv pubblica di Amsterdam, l’emittente Nos, ha cominciato a far trapelare le prime notizie sulla dinamica dell’accaduto.
Oerlemans era stato rapito in Siria nel 2012 ma fu rilasciato dopo pochi giorni. Sorte diversa, invece, per il giornalista inglese John Cantlie, rapito con lui e vittima di rapimenti in Siria per ben due volte; tuttora nelle mani dei miliziani, è stato utilizzato da loro all’interno di video di propaganda. Uno degli ultimi filmati è stato diffuso a luglio di quest’anno. I rumors si erano rincorsi per ore, tutta la domenica, assieme alle ipotesi e ai tweet: “E’ stato ucciso un fotogiornalista in Libia”. Dapprima era circolato il nome di un italiano, ma le cautele della Farnesina e la smentita dello stesso Alessio Romenzi, a Roma con la famiglia, hanno fugato il dubbio.
Si tratta del 102esimo reporter ucciso quest’anno, una cifra spaventosa.