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Jobs act, che disastro!

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E sempre Sì noi dobbiamo votare che il nostro No fa male al re, fa male al ricco e al cardinale, diventan tristi se No votiam.. Ieri mi ronzava nella testa “Ho visto un re”, di Fo e Jannacci, canzone che non suonava proprio così ma che, certo, già 50 anni fa, invitava i poveri a “stare allegri”, a essere comunque “ottimisti”, qualunque tragedia gli capitasse sul capo, per non dispiacere ai potenti. In fondo, povera gente pure loro! Poi oggi leggo. “Obama Renzi abbraccio alla Casa Bianca”, Repubblica. “Riforme, Obama con Renzi”, Corriere. “Serve il sì al referendum, lui deve restare”, ancora Repubblica. L’endorsement non poteva essere più chiaro. Spiega tuttavia Folli: “l’abbraccio al Presidente del Consiglio italiano è di natura tutta politica, non ha molto a che fare con il merito delle riforme. Il “pacchetto” delle riforme economiche e istituzionali illustrate dall’ospite italiano è accettato a scatola chiusa, quel che conta è la solidità dell’amico che siede a Palazzo Chigi, interlocutore affidabile e ormai ben conosciuto”. E sempre Folli (Repubblica, pagina 31) ricorda “l’infelice esito dell’appoggio a Cameron in occasione del referendum sulla Brexit, (che) dimostra quanto siano insidiosi certi interventi. Per cui è tutto da dimostrare che il viaggio in America e l’aiuto dell’amministrazione si risolvano in un vantaggio per Renzi sul piano dei consensi. Forse sì, ma è presto per averne la certezza”. È vero, poi, che i regali americani hanno un prezzo: “Obama a Renzi, più impegno in Libia”, titola la Stampa. Ma è incontestabile che i Tg ieri e, in generale, anche i giornali in edicola, abbiano innalzato un peana per la “Cena di Stato” con 400 invitati allestita “in una grande tenda montata sul prato del South Lawn”, White House. Solo il manifesto, “No, we can” e il Fatto, “Ultima cena”, si sottraggano al coro.

E dall’Italia giunsero notizie del jobs act, Giannelli immagina che Renzi abbia avuto un mancamento, durante la storica cena, nel riceverle. Quali notizie? Che nei primi 8 mesi dell’anno gli assunti a tempo determinato sono stati solo 805 mila. Meno 32,9% rispetto al 2015, ma meno anche dei primi mesi del 2014, quando gli assunti in pianta stabile erano stati 866mila. Le trasformazione dei contratti di lavoro da tempo parziale a tempo pieno sono pure diminuite: da 364mila del 2015 a 254mila nel 2016. Anche in questo caso è andata peggio che nel 2014, quando erano state registrate 285mila trasformazioni. In compenso “i licenziamenti per giusta causa”, resi più facili con la famosa abrogazione dell’articolo 18, sono aumentati del 28% sull’anno scorso. Sono dati INPS e dicono “volano” soltanto i voucher: “nel periodo gennaio-agosto sono stati venduti 96,6 milioni di buoni destinati al pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio”. Con un incremento del 35,9% rispetto al 2015. Che dire, se non ripetere quello che da mesi vado scrivendo suscitando ire e insulti dei renziani? Il jobs act si può considerare una riforma mancata: invece di dare il via a “politiche attive del lavoro” (in Germania, il disoccupato viene accompagnato quotidianamente dagli uffici del lavoro, e persino perseguitato, perché trovi e accetti un impiego), ha distribuito soldi (pubblici) agli imprenditori, che li hanno intascati e dopo un anno hanno licenziato.

UE, pronta la lettera per richiamare l’Italia sulla legge di bilancio. Titolo che trovo a pagina 6 di Repubblica. Perché questo richiamo? Perché il deficit ora previsto è superiore a quello che era stato concordato e le entrate non sono strutturali, ma vengono da “sanatorie” una tantum. Per fortuna “L’inflazione rilancia le borse”, scrive il Sole24Ore: Milano +2%. Sembra che i prezzi al consumo siano tornati a crescere in Gran Bretagna e negli Stati Uniti e che banche e assicurazioni facciano festa. Buona notizia? Per l’Italia solo in parte. Perché questa ripresa (dei prezzi), se fosse confermata, indurrebbe la BCE a ridurre l’immissione di denaro e l’acquisto dei titoli di stato. Di conseguenza il nostro debito costerebbe più caro.

Per l’Unesco d’ora in poi il muro del pianto si chiamerà Haram El Sharif, in arabo “il nobile santuario”. Voto a maggioranza, Stati Uniti contro, Russia a favore, Italia astenuta. Sia chiaro Netanyahu e la sua folle politica di annessione della Palestina, fino a volerne cancellare le radici musulmane e persino quelle cristiane – spianando case e costruendo garage, vietando spesso l’accesso ai fedeli – , meritano la nostra più dura condanna. Ma “come ha ricordato il direttore generale dell’Unesco Irina Bokova – cito dall’articolo di Roberto Toscano per Repubblica – Gerusalemme deve essere vista come «spazio condiviso di patrimonio e tradizioni per ebrei, musulmani e cristiani”. Un torto non ne ripara un altro. A proposito, ieri ho ascoltato in Senato l’intervento dell’ineffabile Chiti – uno che un tempo diceva cose terribili di Renzi -, il quale difendeva la ratifica dell’adesione del Montenegro alla Nato. Ha accusato la Russia di voler cambiare i confini degli Stati: immagino si riferisse alla Crimea. Vorrei segnalare, a lui e ai tanti del Pd che ripetono cose siffatte, come nel 1999 la Nato abbia mosso guerra alla Serbia per strapparle l’indipendenza di una sua regione autonoma, il Kosovo. Anche l’Italia, presidente D’Alema, prese parte al conflitto. Se dunque Putin oggi riscrive i confini degli stati, a farlo egli non è certo stato il primo. Diciamo!

Da corradinomineo


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