È “inammissibile per difetto di giurisdizione” il ricorso presentato da esponenti del movimento 5 stelle e di Sinistra italiana contro il quesito referendario sulla riforma costituzionale. La seconda sezione bis del Tar del Lazio ha rilevato un “difetto assoluto di giurisdizione”, ovvero la propria impossibilità a decidere sulla materia che non rientra tra quelle demandata alla giustizia amministrativa
Il Tar, dunque, considerata “l’urgenza” di dare una risposta definitiva sulla questione non si è limitato alla richiesta cautelare e ha deciso nel merito della controversia. Secondo i giudici amministrativi, l’individuazione del quesito contestato è riconducibile alle ordinanze adottate dall’Ufficio Centrale per il referendum della Corte di Cassazione ed è stato successivamente recepito dal Presidente della Repubblica nel decreto impugnato con il ricorso di M5S e Sinistra italiana. La sentenza del Tar rileva che “sia le ordinanze dell’Ufficio Centrale per il referendum sia il decreto presidenziale, nella parte in cui recepisce il quesito, sono espressione di un ruolo di garanzia, nella prospettiva della tutela generale dell’ordinamento, e si caratterizzano per la loro assoluta neutralità, che li sottrae al sindacato giurisdizionale”. Eventuali questioni di costituzionalità della legge sul referendum, secondo i giudici amministrativi, “relative alla predeterminazione per legge del quesito e alla sua formulazione, sono di competenza dell’Ufficio centrale per il referendum, che può rivolgersi alla Corte Costituzionale”.
Il ricorso era stato presentato da Vincenzo Palumbo e Giuseppe Bozzi, quali componenti del Comitato Liberale per il No, e dai deputati M5S Vito Claudio Crimi e Loredana De Petris. Nel procedimento erano poi intervenuti ‘ad adiuvandum’ il Codacons, il movimento politico Coscienza Civica, il Comitato Basta un Sì – Riccione Generazionesi’, l’associazione Cittadini Europei. I ricorrenti chiedevano l’annullamento del decreto del Presidente della Repubblica datato 27 settembre 2016 e recante l’indizione del “Referendum popolare confermativo avente il seguente quesito ‘Approvate il testo della legge costituzionale concernente Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?’”. L’udienza di merito, in camera di consiglio, si era tenuta lo scorso lunedì 17 ottobre, relatore il consigliere Antonella Mangia. In quella sede, l’Avvocatura dello Stato aveva eccepito il “difetto assoluto di giurisdizione” adesso riconosciuto dai giudici nella sentenza depositata oggi. I giudici della seconda sezione bis del Tar del Lazio, presieduta da Elena Stanizzi, hanno rilevato che “, l’Ufficio Centrale per il Referendum, con le ordinanze del 6 maggio 2016 e dell’8 agosto 2016, ha verificato la completezza delle richieste di referendum rispetto agli elementi di cui all’art. 4 della legge n. 352 del 1970 – ovvero l’indicazione della ‘legge costituzionale’ che si intende sottoporre alla votazione popolare, della data della sua approvazione finale da parte delle Camere, della data e del numero della Gazzetta Ufficiale nella quale è stata pubblicata e della designazione dei delegati”. Inoltre, il decreto del Presidente della Repubblica che ha “conferita veste formale al quesito individuato da un organo, quale l’Ufficio Centrale del Referendum, in esito allo svolgimento di analoga funzione neutrale e di garanzia”, e il quesito stesso sono “insuscettibili di sindacato giurisdizionale, in quanto non riconducibili all’esercizio di attività amministrativa ma all’esplicazione di funzioni di garanzia e di controllo aventi carattere neutrale poste a presidio dell’ordinamento”.
“I giudici amministrativi non hanno avuto il coraggio di affrontare il tema, sostanzialmente hanno chiuso la possibilità di una tutela giurisdizionale, evitando peraltro una legittima remissione alla Corte costituzionale”. Così l’avvocato Luciano Vasques, uno dei legali che hanno presentato al TAR il ricorso di M5s e Si, commenta con l’AdnKronos il verdetto del tribunale amministrativo. “Il rinvio alla Consulta – sottolinea Vasques – avrebbe probabilmente risolto un grave problema di assenza assoluta di tutela verso abusi nella formulazione dei titoli e dei relativi quesiti, nell’ambito di procedimento di referendum costituzionali”.
“Attendiamo di conoscere le motivazioni della sentenza del Tar del Lazio sul referendum che non è ancora stata depositata anche perché la lunghezza della discussione sembra indicare una sentenza lunga e complessa che andrà studiata con attenzione”. Così Loredana De Petris commenta a caldo con i giornalisti la sentenza del Tar. “Evidentemente – aggiunge – non sarà così semplice perché se fosse stato solo un difetto di giurisdizione non ci sarebbero voluti tre giorni”.