Due casi di aggressioni a cronisti nel giro di una settimana. Esempi di una crescente intolleranza nei confronti della funzione della stampa.
All’aggressione di alcuni militanti del Movimento Cinque Stelle nei confronti dei giornalisti, che raccontavano la due giorni del movimento di Beppe Grillo, si è aggiunta l’aggressione alla giornalista di Piazza Pulita, Sara Giudice, rea di aver condotto un’inchiesta sul traffico di rifiuti a Roma.
I due episodi, di diversa gravità, sono accaduti nell’arco di una settimana, e appaiono sintomatici di una sempre più diffusa intolleranza nei confronti dell’operato della stampa, e, soprattutto, del suo ruolo.
E’ del tutto ovvio che le critiche sono legittime, ma in capo ai leader politici, e cioè a chi ha una più alta responsabilità nei confronti della pubblica opinione, grava una maggiore responsabilità. Ciò non significa difendere sempre e comunque, un’intera categoria, assai variegata peraltro, ma vuol dire tenere ferma la barra della responsabilità: difendere i giornalisti significa difendere la loro funzione.
Troppe volte abbiamo assistito a forze di opposizione che ‘santificano’ l’operato di certa stampa, e poi, una volta divenute forze di governo, sono pronte a biasimare, se non insultare, i giornalisti accusati di fare ‘il gioco dei poteri forti’. È, infatti, del tutto evidente e naturale che la stampa debba incalzare soprattutto chi governa, o comunque chi ha un ruolo non propriamente marginale nel racconto della politica locale o nazionale.
Senza scomodare il ruolo e la funzione che la stampa ha nei paesi anglosassoni, dovrebbe essere scontato che i giornalisti debbano ‘vigilare’, porre interrogativi e finanche far emergere contraddizioni che, diversamente, non sarebbero percepibili dalla cittadinanza.
Ed è per questo che non è tollerabile additare alla pubblica opinione come ‘venduti’ quei giornalisti che compiono nulla di più che il proprio dovere: basterebbe ricordare la rubrica ‘il giornalista del giorno‘ che sul blog di Beppe Grillo prendeva di mira quei giornalisti che, a insindacabile giudizio del Movimento, si rendevano protagonisti di articoli contrari al movimento stesso.
E si sbaglia, anche profondamente, se si ritiene che il ruolo della libera stampa possa essere del tutto sostituito dalla Rete: quante ‘testate’, blog, e siti si contraddistinguono per la propalazione di notizie spesso del tutto false o, a volte, del tutto ‘contraffatte’? E, soprattutto, che garanzia di professionalità, competenza e deontologia, può rinvenirsi in capo a queste ‘testate’?
Non si tratta di operare una difesa incondizionata della stampa, che ha oggi molti limiti e talvolta non poche contiguità con il potere, ma si tratta di difendere un principio. Un principio che in tempi nei quali tutti si dicono strenui difensori della Costituzione, appare un po’ dimenticato.
Avv. Valerio Vartolo