Stiamo vivendo una piccola guerra civile. Dentro di noi. Come tutte le guerre civili è dolorosa, crudele e fratricida, ma questa è dentro la tua testa, il tuo cuore, il tuo stomaco. Rischia di essere una guerra di secessione tra pezzi di te e persone con le quali hai condiviso il pane dell’amicizia per una vita intera. Allora c’è la tentazione di scegliere il silenzio, di evitare la discussione e la riflessione, di parlare d’altro, perché ci sarà pure qualche argomento da condividere, l’ultimo film visto, una gita culturale e culinaria da organizzare, i figli e i nipotini. Eppure anche questa scelta, così prudente e forse saggia, è una forma di alienazione da te stesso, che per oltre mezzo secolo hai pensato che la dialettica fosse il sale della vita e della democrazia.
Da tanti anni leggo, studio e racconto la Costituzione, anche con modalità e in luoghi “impensabili”. Credo che tutti, ma soprattutto i giovani, dovrebbero tenersi una copia della Costituzione in tasca, perché è bella, fondamentale, scritta bene, chiara e “leggera”, nel senso che piaceva a Calvino. Allora cosa devo fare? Forse dovrei, come consiglia uno dei più grandi filosofi viventi, farmi venire in testa opinioni che non condivido. Questa volta, però, l’estremo esercizio di laicità non funziona, perché quasi tutte le idee dei miei “nemici” sono idee che condivido perché una parte di questi “nemici” sono da anni miei amici fraterni e non voglio combattere questa piccola guerra civile con una parte di me stesso. Non mi resta che rileggere gli articoli della Costituzione, soprattutto i più belli, importanti, “fondamentali” (i primi dodici). Posso leggerli, scritti su grandi tabelloni colorati, in un luogo “impensabile” come il polo natatorio “Bruno Bianchi” di Trieste, e mi consolo, perché nessuno dei 40 articoli scelti ed esposti a caratteri cubitali in quella strana piscina che voleva essere un museo, verrà toccato dal referendum del 4 dicembre 2016. Ma non basta, devo superare la pigrizia, e andare a leggermi anche il faticoso, complicato, famigerato articolo 70, che –se passasse al referendum- detterebbe i compiti di ciò che resta del Senato.
Devo fare tutto da solo perché i miei antichi e saggi buoni maestri di una vita si trastullano su una riflessione, un po’ approssimativa, su democrazia ed oligarchia.
Davvero, mi chiedo, si vuole fare “scempio” della Costituzione? davvero c’è il rischio di una svolta autoritaria e che ci sia “uno uomo solo al comando”, come è successo a Mussolini, Coppi, Berlusconi, Putin e qualcuno dice anche a Renzi? A me, francamente, pare di no. Davvero vogliamo tenerci l’andirivieni delle leggi tra Camere e Senato, il Cnel, un numero spropositato di parlamentari? Posso sbagliarmi, ma preferirei eliminarli. Certo, qua e là, fa capolino l’ “antilingua”, ma da quello che leggo e capisco i poteri del “premier” resterebbero inferiori a quelli di chi governa Francia, Regno Unito, Stati Uniti d’America. Non mancano i difetti, anche rilevanti, ma dove erano i variegati sostenitori del No quando la riforma costituzionale è andata su e giù tra Camera e Senato, e alcuni tra i suoi più tenaci oppositori hanno votato sempre “sì”? Perché non hanno avanzato proposte migliori, coerenti e scritte meglio, e non le hanno fatte approvare da questo brutto Parlamento, nominato con il “porcellum”, ma non illegittimo, come afferma la sentenza n. 1/2014 della Corte costituzionale? Sono dubbi e domande che tengo per me perché non voglio bisticciare con i miei amici fraterni. Ascolto e cerco di capire opinioni che condivido solo in parte, ma se vincerà -come sembra- l’Italia dove suona il No, forse dovremo abituarci a un governo di Grillo con l’appoggio esterno di Brunetta. E tutti insieme andremo al funerale del Partito democratico per vedere l’effetto che fa.