Condivido con voi alcune riflessioni in merito alla partecipazione di Galli della Loggia questa sera a Otto e mezzo. Galli della Loggia non è affatto uno stupido e credo, al contrario, che il suo nuovo saggio (“Credere, tradire, vivere. Un viaggio negli anni della Repubblica”), di recente pubblicazione ad opera della casa editrice il Mulino, sia anche piuttosto interessante, così come non mi permetterei mai di considerare uno stupido Cacciari, tanto che ho anche acquistato il suo ultimo libro (“Occidente senza utopie”), scritto insieme al professor Paolo Prodi e dedicato, per l’appunto, alle devastanti conseguenze della crisi della civiltà occidentale.
E però, cari Cacciari e Galli, non vi rendete conto, quando formulate le vostre dotte analisi, che l’emblema di quest’Europa e di quest’Occidente senza utopie, incapace di sognare, di sperare, di credere in se stesso e di immaginare un domani diverso e radicalmente alternativo rispetto allo status quo, a dire il vero piuttosto avvilente, siete proprio voi? Non vi rendete conto che le vostre riflessioni, i vostri pensieri, le vostre argomentazioni a favore del referendum di dicembre, i vostri schemi di pensiero e d’argomentazione, i giornali su cui scrivete, i libri che date alle stampe e gli ambienti che frequentate con voluttuosa assiduità sono essi stessi alcuni dei simboli principali della perdita di utopie e dello smarrimento collettivo che caratterizza il nostro tempo?
Perché i Renzi, i Grillo, i Salvini, i Trump, le Le Pen, i Farage e tutti gli altri esempi di populismo, differenti, talvolta opposti per quanto riguarda gli schieramenti (benché anch’essi siano ormai alquanto fittizi) ma complementari nel messaggio complessivo che forniscono, questi augusti signori non spuntano fuori dal nulla; sono frutto, al contrario, della nostra resa culturale, morale, economica e, di conseguenza, politica.
Quando abbiamo iniziato a dar retta a Fukuyama, a illuderci che, dopo l’abbattimento del Muro di Berlino, la storia fosse ormai finita, che un sereno vento dell’Ovest avrebbe spirato nelle nostre vele per decenni e che il capitalismo liberista, misto a una globalizzazione sregolata e foriera di continue e crescenti diseguaglianze, un tempo persino esaltate come panacea di tutti i mali, ci avrebbe resi a lungo ricchi e felici; quando siamo diventati di destra a nostra insaputa e abbiamo cominciato a trattare chiunque si ostinasse a navigare verso sinistra come un illuso, un passatista e un personaggio magari anche gradevole sul piano personale ma ormai inservibile per comprendere e districarsi nel labirinto della modernità, in quel momento, abbiamo rinunciato a credere in noi stessi e nella possibilità di dare un senso alla complessità del reale, di fatto abbracciando un’ideologia sbagliata, distruttiva e monocorde che ha condotto sul lastrico milioni di persone.
E oggi quei milioni di persone, pur di farcela pagare, preferiscono affidarsi a personaggi oggettivamente dannosi e temibili ma in grado, quanto meno, di risvegliare nei loro cuori l’utopia di un cambiamento a portata di mano. Che poi quel cambiamento sia irrealizzabile e finanche pericoloso, che la nostalgia per un passato che non può tornare o per un futuro a base di muri, barriere e nazionalismo spinto sia assolutamente indesiderabile, al pari degli show televisivi scambiati per attività di governo, è un altro paio di maniche. Anzi, sono concetti nobili e pienamente condivisibili, solo che se li si possono permettere unicamente coloro che, come noi, riescono ancora a barcamenarsi in questa burrasca che è diventato il Ventunesimo secolo. Gli altri non ce la fanno più, non sanno dove dirigere l’imbarcazione e, visto che pure alcuni dei migliori intellettuali in circolazione hanno deciso di ammainare le vele e lasciarsi guidare dalla corrente, benché coscienti che essa stia trascinando persino il loro mondo nell’abisso, hanno scelto di seguire dei nocchieri che promettono di raggiungere le Indie a bordo di tre caravelle, sapendo che si tratta di un’impresa ai limiti dell’impossibile ma magari sperando che in mezzo ci sia comunque un’America e che essa possa bastare ad alleviare le loro sofferenze. In mezzo, purtroppo, nel caso in questione, c’è solo il mare aperto, ma per chi non ha più nulla da perdere anche l’ebbrezza di una navigazione tempestosa può costituire un motivo di esaltazione. E la categoria di cui parlo, cari Galli e Cacciari, è la stragrande maggioranza dei cittadini di questo pianeta, Occidente compreso.
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