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Darfur, petizione e sit-in per chiedere un’inchiesta sull’uso di armi chimiche

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Un’inchiesta per accertare le responsabilità e la vastità degli attacchi con armi chimiche in Darfur. E’ quanto chiede attraverso una petizione l’associazione Italians for Darfur, promotrice con Articolo 21, Amnesty International e Comunità dei rifugiati del Darfur in Italia di un sit-in martedì, 25 ottobre, in piazza delle Cinque Lune, alle 14, a pochi metri dal Senato della Repubblica dove ha sede la Commissione per i diritti umani presieduta dal senatore Luigi Manconi che incontrerà una delegazione di manifestanti.
Nei giorni scorsi è stata lanciata sulla piattaforma di Change.org una petizione rivolta al Rappresentante permanente all’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, l’ambasciatore Andrea Perugini, per chiedere di inviare ispettori in Sudan per indagare sugli episodi denunciati dalle organizzazioni per i diritti umani.
“In Darfur 250 persone, in gran parte bambini, sono state uccise nel corso di diversi attacchi chimici lanciati dalle forze armate sudanesi in Sudan nel 2016” si legge in una lettera aperta inviata all’ambasciatore Perugini – Lo scorso aprile “Italians for Darfur” ha denunciato i primi episodi riportando le testimonianze di esponenti della ribellione, confermati poi da un rapporto di Amnesty International pubblicato ad ottobre.

Attraverso riprese satellitari, centinaia di interviste ai sopravvissuti e l’analisi da parte di esperti di decine di immagini agghiaccianti di bambini e neonati con terribili ferite, è stato accertato che da gennaio al 9 settembre 2016 sono stati condotti almeno 30 probabili attacchi con armi chimiche nella zona del Jebel Marra”.
“Riteniamo che per valutare esattamente quello che è successo – conclude Italians for Darfur – e accertare le responsabilità sia necessaria un’indagine con verifiche sul campo degli ispettori dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, come è stato fatto per indagare sull’attacco chimico nel sobborgo di Damasco di Ghūṭa, nell’agosto del 2013”.
Con questa lettera, e la relativa petizione, viene sollecitata un’istruttoria approfondita sui fatti avvenuti in Darfur visto che il governo del Sudan non permette ad altri organi internazionali presenti sul terreno di procedere in tal senso, limitando l’azione della missione di pace Onu-Unione Africana nel Paese. Evidenziamo, inoltre, che i rapporti sulle violazioni dei diritti umani realizzati finora da UNAMID sono stati minati nella credibilità a causa delle interferenze del governo sudanese.
Come nel caso dello stupro di massa a Tabit, il 2 novembre del 2015, che vide l’inchiesta di UNAMID arenarsi nonostante le numerose testimonianze che confermavano l’accaduto, poi raccolte da Human rights watch.
Ci auguriamo che l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche predisponga al più presto una propria indagine sugli attacchi compiuti in Darfur con la stessa serietà con cui si è indagato su quelli avvenuti in Siria.
Questo il link per sottoscrivere la petizione.


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