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4000 i morti nel Mediterraneo nell’ultimo anno. Essere rifugiati non è una scelta

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4000 i morti nel Mediterraneo nell’ultimo anno. Oltre 450 le vittime nel deserto della Libia.
È anche per loro la manifestazione che si è svolta a Lampedusa il 3 ottobre, tre anni dopo il naufragio a largo delle coste dell’isola siciliana.
Superstiti e famigliari delle vittime, insieme a 200 studenti delle scuole italiane ed europee, alla gente di Lampedusa, al Comitato 3 ottobre, al sindaco Giusi Nicolini.
Tutti riuniti attorno alla porta d’Europa per pregare, cristiani e musulmani insieme, per chi è morto nel Mediterraneo a poca distanza da quella terra che in troppi non possono raggiungere se non rischiando la loro stessa vita.
“È la nuova Shoah” ha detto don Mussie Zerai, che ha chiesto all’Europa di impegnarsi per garantire una vita dignitosa e rispettosa dei diritti di ognuno nel proprio paese.
Ma i superstiti  chiedono anche di poter seppellire i loro morti a casa, di riavere le salme. Chiedono un luogo dove le famiglie possano piangere i loro morti.
Nella prima giornata nazionale della memoria, voluta dal Comitato 3 ottobre all’indomani della tragedia, dalle motovedette i famigliari e i superstiti hanno potuto lanciare un fiore a largo delle coste di Lampedusa, là dove il loro barcone aveva preso fuoco.
Per ricordare, per salutare chi ha perso la vita a pochi metri dalla terra d’Europa, perché nessuno debba più morire, mentre cerca  la vita.
Essere rifugiati non è una scelta hanno detto in questi giorni i superstiti ai ragazzi delle scuole riuniti a Lampedusa. E al dolore per la lontananza si aggiunge anche il dolore per le persone care perse lungo la strada, fratelli, sorelle, genitori, figli, amici. Morte a fianco a loro, nel mare che li doveva portare in salvo.


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