La Corte Costituzionale rimanda il giudizio di incostituzionalità sulla legge elettorale per non influenzare l’esito del referendum. Sembra una decisione di rispetto, ma invece diventa una turbativa, perché così la Consulta dà l’impressione di legare il proprio parere al risultato del referendum. Che già è abbinato alla sopravvivenza del governo Renzi, prima declamata dal capo del governo e poi – a sondaggi calanti – ritrattata. Così, l’indotto politico congiunturale sta superando per importanza l’evento strutturale per una democrazia: il cambiamento delle propri geni costituzionali. La Costituzione è diventata un arma del potere in carica, per rafforzarsi e rendersi meno contendibile, sconsacrando il testo da patrimonio di tutti, a ordigno della maggioranza di turno.
Il cerchio si chiude se la sovranità del popolo viene sostituita dalla sovranità dei pariti senza popolo, come prevede l’Italicum.
Il premio di maggioranza diventa così il recupero forzoso dei voti non espressi per il crescente astensionismo. Tu non voti? Stai sereno, il tuo voto me lo assegno lo stesso. E lo userò affinché tu abbia sempre meno voce. Ma non te ne accorgerai, perché darò a questa truffa un bel nome: governabilità.
Insomma, l’attacco è a tenaglia. Da una parte istituzioni più strette (referendum) dall’altro sovranità popolare più stretta (Italiacum).
Con un Senato commissariato dai partiti regionali che sceglierebbero chi mandare nella stanza romana dell’immunità; e una Camera commissariata dai partiti nazionali, dove si entra solo se sei gradito al segretario che ti blocca come capolista. Magari anche in più collegi, per avere le mani più libere poi – a risultati noti – per pilotare le rinunce dove vuole promuovere i secondi più votati, ma più fedeli.
Votare No al referendum è la legittima difesa democratica per spezzare questo accerchiamento.
Ma occorre averne consapevolezza. La democrazia è sempre sotto attacco, perché non è un istinto, ma una cultura.
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