Quando Reporter Senza Frontiere sostiene che la Turchia di Erdogan sia diventata la più grande prigione al mondo per i giornalisti si basa sui dati che arrivano dal Paese fondato da Mustafa Kemal sulle ceneri dell’Impero Ottomano.
Oggi sono oltre 110 i giornalisti in carcere in Turchia. Il dato non può essere più di tanto preciso per la poca trasparenza delle autorità turche, ma sicuramente è in difetto rispetto alla realtà. Si questi almeno 70 sono stati incarcerati dopo il tentativo di colpo di stato. La stragrande maggioranza non è stata rinviata a giudizio ed è in carcere preventivo con le generiche accuse di aver sostenuto o lavorato per i media pro-curdi o di aver parteggiato per l’imam Fethullah Gulen, il 75enne leader del movimento Hizmet che vive in esilio negli Stati Uniti, amico e alleato fino al 2013 di Recep Tayyip Erdogan e ora suo acerrimo nemico e ispiratore del tentato golpe del 15 luglio 2016.
Il fallito colpo di stato ha dato la possibilità a Erdogan di attivare una stato d’emergenza nel Paese con misure di detenzione che sono diventare arbitrarie, con procedure ancora più lente e meno efficienti di prima. La nuova legislazione antiterrorismo procede per decreti immediatamente esecutivi, grazie allo stato di emergenza, che calpestano lo stato di diritto.
Ai 110 giornalisti in carcere se ne aggiungono quasi 150 denunciati a piede libero o già sotto accusa e che rischiano pene detentive di svariati anni con capi di imputazione più che generici, grazie alla legge antiterrorismo. Basta il sospetto degli inquirenti di appartenere a una “organizzazione fuorilegge” per essere denunciati, senza che sia ascritta al singolo nessuna imputazione di reato specifico. A questo si aggiungono gli oltre 100 media chiusi per decreto dal 15 luglio a oggi.
Un’altra delle imputazioni che vanno per la maggiore è quella di “insulto al presidente” sotto la cui dicitura viene passata ogni critica profonda all’operato di Erdogan e a quello del suo entourage, più volte finito sulle prime pagine dei giornali per, questa volta sì, una serie di ipotesi di reato, molte delle quali ruotano intorno alla corruzione. Con l’accusa di aver insultato il presidente nel 2015 sono stati condannati 19 giornalisti. La condanna ha colpito anche due vignettisti: in un Paese che fa di tutto per cancellare la libertà di espressione e quella di informare, figuriamoci se può essere tollerata la libertà di satira.
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