Che sia stato un preordinato gesto di violenza razzista proprio a casa di chi ancora sanguina per la Shoa o un’estemporanea idiozia non e’ ancora dato sapere. Ma certo la stupidità di pochi ha macchiato una bella serata della nazionale in fasce di Ventura che in Israele ha vinto un po’ all’italiana, soprattutto per essere rimasta in dieci uomini, ma anche sciorinando nel primo tempo, intorno a Verratti un calcio piu’ che apprezzabile.
Da casa il saluto nazista fatto da alcuni tifosi azzurri e’ sfuggito. Ne sono state poi recuperate delle immagini, dopo l’intervento delle forze speciali israeliane che hanno individuato, arrestato e successivamente espulso i responsabili, dando un segnale importante a tutto un mondo di sottocultura che frequenta gli stadi. Di violenza a margine del rettangolo di gioco si discute da anni e negli ultimi tempi molte iniziative hanno sortito l’effetto positivo di contenerla. Quello che controlli e misure repressive non sono riusciti a fare, e’ stata l’impresa di sradicare una mentalità per la quale lo stadio sia un luogo dove il branco possa esprimersi senza limiti, dove l’offesa dell’avversario sia il minimo sindacale e la violenza una forma di partecipazione all’evento contemplata dalle regole d’ingaggio. La riprovazione della maggior parte del pubblico e’ riuscita a eliminare i buu razzisti,ma non tutto ciò che avviene in alcuni settori può esser percepito nel resto dello stadio. La polizia e gli steward svolgono i loro compiti egregiamente. Occorrerebbe, pero’, una politica culturale sportiva di cui ne’ la Figc, ne’ i singoli club, attenti soprattutto ai bilanci (che in buona parte discendono dai risultati) si preoccupano di fare.
La provocazione potrebbe essere: tre punti in palio da aggiungere alla classifica per la squadra col pubblico più corretto. Pura utopia, utile tuttavia a comprendere quanto alto dovrebbe essere il salto di qualità.