“Qui è morta la speranza dei palermitani onesti”. E’ con questa scritta che, unanimemente, i palermitano salutarono l’impegno oltre la morte di Carlo Alberto Dalla Chiesa. Il Generale (e Prefetto, ma per riconoscerne realmente i titoli sarebbe necessario un volume!) Carlo Alberto dalla Chiesa, morì 34 anni fa insieme alla moglie, Emanuela Setti Carraro ed all’agente di scorta, Domenico Russo. Nel 1982 venne nominato dal Consiglio dei Ministri prefetto di Palermo. Il tentativo (forse solo sulla carta!) del governo era quello di ottenere contro Cosa Nostra gli stessi brillanti risultati ottenuti, da Dalla Chiesa, contro le Brigate Rosse. Dalla Chiesa inizialmente si dimostrò perplesso sulla nomina, ma poi venne convinto dal ministro Virginio Rognoni, che gli promise poteri fuori dall’ordinario per contrastare la guerra tra le cosche, che insanguinava l’isola.
Poteri che non arrivarono mai.
Carlo Alberto Dalla Chiesa venne, invece, lasciato praticamente solo nella sua strenue battaglia tanto che, il giorno dei funerali, che si tennero nella chiesa palermitana di San Domenico, una grande folla protestò contro le presenze politiche, accusandole dell’isolamento del generale. Vi furono attimi di tensione tra la folla e le autorità, sottoposte a lanci di monetine e insulti al limite dell’aggressione fisica. Solo il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, venne risparmiato dalla dura contestazione.
Per i tre omicidi sono stati condannati all’ergastolo come mandanti i vertici di Cosa Nostra, ossia i boss Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nenè Geraci. Eppure, nella sentenza del 2002 che condannò all’ergastolo gli esecutori materiali dell’attentato, Vincenzo Galatolo e Antonino Madonia, e Francesco Paolo Anzelmo e Calogero Ganci a 14 anni di reclusione ciascuno, venne scritto: “Si può senz’altro convenire con chi sostiene che persistano ampie zone d’ombra, concernenti sia le modalità con le quali il generale è stato mandato in Sicilia a fronteggiare il fenomeno mafioso, sia la coesistenza di specifici interessi, all’interno delle stesse istituzioni, all’eliminazione del pericolo costituito dalla determinazione e dalla capacità del generale”. Quelle stesse “zone d’ombra” che persistono anche oggi, in una lunga, buia e triste notte della Repubblica.
Ed è per tale ragione che mi piace citare le parole del figlio del Generale Dalla Chiesa, lo stimato professore Nando che, oggi, ha affermato: “Dedicare una giornata all’onestà nel giorno in cui si ricorda l’eccidio di mio padre mi sembra una scelta bellissima. E’ un riconoscimento per il rapporto stretto che mio padre e aveva con questa città. Una giornata particolare che ha un grande rilievo. Sono felice”. Una giornata dell’onestà che possa contrastare quella “notte buia della Repubblica”.