Nel frattempo Renzi ne fa una delle sue: rilancia il Ponte sullo Stretto e annuncia 100mila posti di lavoro. Costo 8 miliardi. Pensioni, le risorse una miseria. Statali presi in giro
Di Alessandro Cardulli
Seduta notturna del Consiglio dei ministri. Da approvare la nota di aggiornamento del documento di economia e finanza, base per mettere a punto le legge di Bilancio da inviare a Bruxelles entro ottobre. Di rinvio in rinvio si arriva alla fine, verso le 22,30 i ministri si siedono. Una cinquantina di minuti e la montagna partorisce il topolino. Alla Commissione europea, dopo tante grida da parte di Renzi abbassiamo le penne, si chiede non più flessibilità ma una sorta di elemosina. Il premier dice che la Ue commette un errore ma piega la testa. Insomma ci presenteremo con il cappello in mano. Vengono riviste le previsioni per la crescita. Per quest’anno ci fermeremo allo 0,8% (tutti i dati statistici prevedono lo 0,7) e per l’anno prossimo all’1%. Il rapporto deficit/Pil si attesterà al 2,4% quest’anno e l’anno prossimo al 2%, ma con una possibile estensione di un ulteriore 0,4%. Come previsto Renzi ha annunciato che l’Italia chiederà per il 2017 un indebitamento ulteriore di 0,4 punti percentuali per il sisma e per la gestione dell’immigrazione.
Per il contratto del pubblico impiego previsti 700 milioni. Pare uno scherzo
Anche l’anno prossimo il deficit potrebbe arrivare al 2,4%. Insomma la crescita ce la possiamo sognare. I sogni di gloria, le tante promesse in chiave referendum vengono a cadere. Il premier conferma il piano per l’industria, un libro dei sogni, l’ecobonus anche per il 2017, il rinnovo dei contratti della Pubblica Amministrazione (700 milioni di euro). Siamo al ridicolo, alla presa in giro per milioni di lavoratori che hanno da dieci anni il contratto bloccato. Per un contratto decente servirebbero sette miliardi. Per il capitolo previdenza, che include l’Ape, l’uscita anticipata, ma non solo, anche il raddoppio della quattordicesima per i percettori di pensioni minime, si parla di un miliardo e mezzo. I sindacati con i quali il governo terrà un nuovo incontro, forse l’ultimo, prevedono la necessità di un intervento da due miliardi e mezzo. La Sanità non verrà toccata. Nel frattempo, Renzi non avendo niente di meglio da fare, ha rilanciato la costruzione del Ponte di Messina, un’opera faraonica abbandonata dalle persone di buon senso, messa in campo da un Renzi che sempre più improvvisa, parola d’ordine “noi ci siamo”. Per andare dove? Non lo sa neppure lui. Cosa nota è che l’opera, solo il ponte, costerebbe ben otto miliardi di cui quattro a carico dello Stato. Follia pura. Ma lui deve puntare sempre in alto visto che la sua credibilità cade sempre più in basso. Dalla nota di aggiornamento forse, fra le altre cose, saranno rese note le risorse che il governo intende mettere a disposizione per pensioni e problemi del lavoro sui quali giovedì dovrebbe svolgersi l’incontro conclusivo con i sindacati. Si parla di un miliardo o poco più mentre secondo i calcoli dei sindacati servirebbero circa 2,5 miliardi per dare risposte positive alle richieste di Cgil, Cisl, Uil su flessibilità in uscita, interventi sulle pensioni minime, lavoratori precoci, lavori usuranti, ricongiungimenti. Fra le voci che vengono fatte circolare dal ministero del Lavoro e da Palazzo Chigi l’unica certezza è l’Ape, flessibilità in uscita. Netta la contrarietà della Cgil.
La Ue: ci farebbe il favore di aumentare il deficit di bilancio al 2,3%
Per quanto riguarda la “nota” ancora mancano “dettagli importanti”, in primo luogo quale sarà l’orientamento della Commissione europea in merito a quella che è diventata ormai una parola magica, flessibilità, il chiodo fisso di Renzi Matteo, delle sue “riflessioni” ad alta voce, come dicono, usiamo anche noi questa formula, i suoi collaboratori. Padoan non approva i “toni alti” che usa il premier, la sua arroganza che provoca fastidio a tutti i livelli della Unione europea. È lui che deve contrattare con la Ue, in particolare con il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, con i tecnici. La partita che si sta giocando da cui dipende la stesura del documento che deve essere approvato dal Consiglio dei ministri riguarda la disponibilità o meno della Commissione a chiudere un occhio sulla concessione di 8 miliardi di euro. Non si tratterebbe di flessibilità di cui abbiamo già goduto, ha detto Juncker, ben 19 miliardi, ma di consentire di accreditare questa somma come spese per il post-terremoto e per i migranti. Uno 0,5% in più che farebbe crescere il deficit al 2,3%. I collaboratori di Renzi Matteo a Bruxelles, in continuo contatto con lo staff del premier “incrociano le dita”, dicono le agenzie di stampa, il ministro Padoan cerca una sorta di quadratura del cerchio, sperando che Moscovici dia una mano. E il premier che fa? Quello che ormai è solito fare. Fa visite alle aziende, taglia nastri, puro stile democristiano, parla, parla, e promette di tutto, di più. Dopo il piano “Industria 4.0″, fra l’altro il nome del progetto non è originale, prima del ministro Calenda ci ha pensato un “tecnico” della innovazione la cui impresa si chiama, appunto, Industria 4.0.
Il premier inaugura la mostra sui 110 anni della Impregilo Salini
Non bastava Industria 4.0, libro dei sogni. Ci mancava il “Ponte”. Ma a Renzi questo progetto, un “libro dei sogni” non bastava. Ed ecco la trovata geniale, rilancia il ponte per lo Stretto di Messina di cui si trova traccia nel 1866, governo Ricasoli Ne aveva già parlato ma poi la cosa era caduta lì. Ora, sempre più a corto di argomenti, la spara grossa, ne parla proprio nella occasione della apertura di una mostra multimediale, ospitata dalla Triennale di Milano, dal titolo “Beyond. Delivering the future for the past 110 years”, in sintesi la storia del gruppo Salini Impregilo, nato 110 anni fa appunto, il gruppo italiano tra i leader mondiale del settore. Non è un caso che la Salini-Impregilo detiene il 45% di Eurolink Scpa, l’associazione temporanea di imprese che, per il ministero delle Infrastrutture, era il Contraente generale per la progettazione e realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Renzi nel suo intervento, ovviamente già noto a Salini che del gruppo è il numero uno, lancia una “sfida”, si fa per dire, “completare il grande progetto di quella che Delrio chiama la Napoli-Palermo, per non dire Ponte sullo Stretto”. Il Ponte, strilla, può creare “centomila posti di lavoro”. Renzi indica l’infrastruttura come parte del completamento della “Napoli-Palermo”. “Se siete nella condizione di sbloccare le carte e di sistemare quello che è fermo da 10 anni – dice rivolgendosi a Salini – noi ci siamo”. E grida ancora:”Il futuro dell’Italia è la banda larga, investire sulla gigabyte society”. Ancora una “leccata” a Salini: “E’ bello che 110 anni celebrino la storia di chi ogni giorno si è messo in moto per fare dell’Italia un Paese migliore, progettando dal canale di Panama al risolvere il problema del marciapiede.
Il duetto fra il presidente del Consiglio e il numero uno di Impregilo
Quello che chiedo a voi è che, finita la parte delle riforme – prosegue Renzi – si torni a progettare il futuro. Noi siamo pronti”. Salini poteva rimanere in retroguardia? Certo che no: “Anche noi ci siamo. Si tratta di parlare con le varie amministrazioni e fare un progetto che non è per noi, ma per il Paese. Dobbiamo preoccuparci essenzialmente di rendere l’opera il meno impattante possibile sui conti dello Stato. Se creiamo le condizioni perché il ponte diventi un’opera in cui possano investire gruppi privati, e ce ne sono tantissimi che vogliono investire in Italia, ma devono avere un quadro regolatorio molto chiaro, il ponte si fa con i soldi degli altri. Se avessi i permessi per cominciare domani mattina, in sei anni il ponte sta là”. Precisa che “il problema non è tecnico, ma di carattere politico, burocratico, di consenso generale, di spesa” e che “dobbiamo riprendere le discussioni con le Ferrovie e con Anas, gli stakeholder principali di questo progetto”. Insomma bussa a denaro. Cvd, si dice in matematica, come volevasi dimostrare. Se non andiamo errati il “non ponte” è già costato circa 600 milioni ai cittadini italiani. E non si è mai vista neppure una pietra.
Massimo Cervellini, Sinistra Italiana e vicepresidente Commissione Lavori pubblici: “otto miliardi da investire diversamente, in opere indispensabili”
“Renzi sempre più uguale a Berlusconi, anzi peggio. Decenni sono trascorsi sotto la promessa del Ponte e di altre fantomatiche grandi opere, mentre si susseguivano annunci mirabolanti e si sovvenzionavano progetti e agenzie che ancora pesano sulle casse dello Stato”, dichiara in una nota il senatore di Sinistra Italiana-Sel Massimo Cervellini, vice presidente della Commissione Lavori pubblici. “Otto miliardi e mezzo – aggiunge – che potrebbero essere investiti, a partire dal Sud, in opere indispensabili per i collegamenti ferroviari, spesso fatiscenti, della Sicilia e della Calabria, per la messa in sicurezza di territori devastati dal dissesto idrogeologico, anziché per un’opera assurda in una delle zone a più alto rischio sismico dell’intero Mediterraneo. Che cosa non si inventa per risalire la china in vista del Referendum sulla Costituzione. Aspettiamoci la ministra Boschi che annuncerà, in caso di vittoria del sì, il ritorno delle mezze stagioni”.