BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

La Repubblica dei gufi

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Basta slide, la smetta di trattarci come deficienti! Un grido di dolore si deve essere levato ieri dalla redazione di Repubblica. Le slide, trenta, una per ogni mese al governo, erano state appena diffuse da Palazzo Chigi e narravano di un paese felice in cui crescono il prodotto interno lordo e la fiducia degli italiani, aumentano gli occupati (anche fra i giovani), i visitatori nei musei, gli investimenti, gli aiuti ai bisognosi. Mentre calano deficit e debito pubblico. Un’Italia dove sempre più gente accende un mutuo per comprarsi la casa dei sogni o una bella auto nuova. Non ci credete? Ecco il link: http://www.governo.it/sites/governo.it/files/30mesigoverno.pdf. Come se non bastasse, è arrivata la News 440 “Abbiano nel cuore ancora il dolore di questi giorni” ma ci consoliamo con “un gruppo di bambini sfollati” che “dopo il pranzo ha organizzato la baby dance: Che bella Italia!”. E tre! Ecco le foto by Maranello, con Matteo Renzi che gongola fra i padroni del capitalismo compassionevole: Sergio Marchionne, John Elkan, mezza Confindustria, Angela Merkel, che stringe la zampa del cane pompiere. Propaganda di regime tanto spudorata da far rimpiangere, per la sua delicata auto ironia, persino il canto di Orietta Berti al capezzale dei governi democristiani e dorotei dopo l’autunno caldo e la strage di stato: “Finché la barca va, lasciala andare”. Il suggello, imperdibile, è poi arrivato da una giovane mamma e ministra, da Beatrice Lorenzin, che ci ha tele trasportati negli anni dell’Istituto Luce. Una clessidra ammonitrice e un letto, con due piedi di donna (pudicamente accostati) e circondati da due maschili, avvertono che “Renzi chiede più figli per la Patria” (titolo del Giornale) e perciò istituisce, ogni 22 di settembre, il fertilità day.

L’economia è ferma, tuona contro corrente la Repubblica. “Cala l’occupazione, prezzi in discesa, retribuzioni al palo..la ripresa che manca”. Da parte sua l’Espresso parla in copertina di “Macerie” e mostra poi “Il ricostruttore” sul fondo di una bella crepa. Provo a immaginare il colloquio stamane tra il nostro amato premier e il suo consulente, Jim Messina, che aveva curato la campagna di Obama, poi era passato a Cameron e ora si occupa di Renzi. “Guru, che succede? Anche Repubblica passa coi gufi?” “Matteo, usa le slide ti avevo detto, ma non come un bastone per rompere le teste. Evita le polemiche di partito, parla poco del referendum, non essere divisivo, e tu ne esci con il fertility day. E i Gay, allora, e le lesbiche? Bene Angela e François con te a commemorare Altiero, ma tu subito hai trascinato la Merkel tra auto rosse e padroni Senza un attimo di tregua, un momento per digerire la prima che arriva la seconda. Overdose, sai cos’è vecchio mio? Il vero problema che abbiamo è la tua insicurezza: hai paura, Matteo, e per questo non ti basta vincere, ogni volta devi stravincere. Attento, una Enews al giorno (e ne hai già scritte 440) toglie il premier di torno”.

Via, Mineo, vada alla notizia! Gli ultimi dati dell’istat sono così gravi da giustificare il cambio radicale dei toni e della disposizione d’animo del gruppo Repubblica-L’espresso. Voi lettori del Caffè siete fatti così: incontentabili. E allora dico che no, non è successo niente di così terribile. Ha quasi ragione Padoan: le ultime cifre si possono addirittura interpretare come la conferma di un flebile trend non negativo. La ripresa c’è. Ma – questo è il punto – è una ripresa che non riscalda i cuori e che serve a poco: non dà lavoro ai giovani, non spinge il ceto medio e spendere. Se poi confrontiamo dati dell’Istat, con quelli insufficienti ma più positivi forniti dagli istituti di statistica francesi e tedeschi, questa ripresa dello zero virgola parla di un’occasione perduta, di un’Italia che non ha neppure cominciato ad affrontare i problemi: corruzione diffusa, incapacità di governare burocrazia e amministrazione, banche e imprenditori che meriterebbero di fallire (non tutte né tutti, per fortuna) ma vengono tenuti in piedi dal Pantalone pubblico, scarsa produttività. In fondo le bugie di Renzi cercano in modo maldestro di nascondere queste omissioni e di non ammettere (non prima del referendum) il fallimento delle misure fin qui adottate: dagli 80 euro ai bonus, dagli sgravi all’abolizione della Tasi, dalla riforma della scuola alla balla della riforma costituzionale. A proposito, anche Luciano Violante – che si è rimesso e a cui faccio gli auguri – scrive per il Corriere della Sera che lui voterà Sì al referendum ma che Renzi dovrà cambiare al più presto la sua legge elettorale per tornare al Mattarellum. Dunque dovrà tornare a Canossa nelle fila del Pd e rinunciare alla chimera dell’uomo della provvidenza, solo al comando.

Da corradinomineo


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