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La docufiction “Io sono Libero”, Abbate: “Questo è il Servizio Pubblico che vogliamo”

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Un saluto all’edicolante sotto casa, un sorriso e una stretta di mano. Pochi passi all’angolo di via Alfieri con i sandali ai piedi, poi gli spari. Con queste immagini si apre la docufiction Io sono Libero sulla storia dell’imprenditore Libero Grassi, ucciso da Cosa nostra 25 anni fa. Proiettata a Palermo, alla Biblioteca Casa Professa, il 29 agosto scorso, la fiction è stata trasmessa in contemporanea in tv, in prima serata su Raiuno.  A presentare il lavoro dei registi Francesco Miccichè e Giovanni Filippetto il giornalista dell’Espresso Lirio Abbate che ha sottolineato “l’unicità” di questa storia che – “racconta qualcosa che è accaduto qui a Palermo e che non è ancora accaduto altrove”. Una scelta, quella di dire “no” agli estorsori del clan Madonia, lunga otto mesi e documentata con precisione nella fiction. Mesi in cui al suo fianco Libero Grassi avrà soltanto la famiglia e il silenzio degli altri imprenditori. Un “no” al racket che l’imprenditore renderà pubblico anche attraverso articoli e interviste su giornali e  tv. Un fatto senza precedenti.

“Nostro padre –  affermano i figli Alice e Davide – credeva molto nel ruolo dell’informazione, aveva fiducia nei giornalisti. Eppure questa mattina abbiamo dovuto leggere – ancora 25 anni dopo – un articolo del “Giornale di Sicilia” in cui sono state scritte imprecisioni e cose non vere”. Una narrazione, quella del giornale siciliano, nella quale i figli di Libero Grassi non hanno ritrovato la vera storia del padre. A partire da quel titolo“Eroe per scelta”, “purtroppo – commentano – è vero l’esatto contrario, nostro padre è stato un eroe, suo malgrado”. Si colgono amarezza e stanchezza nelle parole di Alice e Davide ma al contempo un profondo rispetto per il mondo dell’informazione. E per il giornalismo, mestiere in cui il padre credeva profondamente, tanto da consegnargli la sua ultima battaglia pubblica da imprenditore onesto e libero.  “Gli autori della fiction – ha commentato Davide Grassi – ci sono stati accanto sin da subito” e “il lavoro – ha aggiunto la sorella Alice – consegna un messaggio chiaro e corretto”. Un patrimonio di valori e di coerenza quello lasciato da Grassi e raccontato nella fiction che sarà punto di riferimento, molti anni dopo, per i ragazzi di “Addiopizzo”. I “nipotini”, come li chiamava la moglie di Libero, Pina Maisano che hanno dato vita al movimento antiracket di Palermo in cui commercianti, imprenditori e consumatori  fanno rete fra loro e denunciano pubblicamente la scelta di non pagare il pizzo alla mafia. “Un’antimafia concreta, di fatti quotidiani – ha commentato Daniele Marannano di Addiopizzo – lontana dalla creazione di eroi mediatici”.

“Raccontare questa storia ci ha trasformati – spiegano i registi della docufiction, Francesco Miccichè e Giovanni Filippetto. Abbiamo costruito una narrazione pensata per i giovani, per chi non ha conosciuto la sua storia, mantenendo però un rapporto autentico con le fonti, con i testimoni dell’epoca e con i documenti. Se abbiamo potuto farlo è  stato grazie alla sinergia che si è creata da subito con i familiari  che ci hanno permesso di conoscere Libero”. La produzione è stata realizzata da Rai Fiction e Aurora Tv e il produttore Giannandrea Pecorelli presente alla prima di Palermo, ha commentato “è importante che  – come ha fatto Libero Grassi – ciascuno nel lavoro faccia sempre bene il proprio dovere”. A Casa Professa anche gli attori, fra gli altri, Adriano Chiaramida (che interpreta Libero Grassi), Stella Egitto e Alessio Vassallo, unici due personaggi di fantasia del film. “Ciascuno di noi, come ci ha insegnato Libero – ha detto Vassallo – deve avere il coraggio di dire i “no” necessari per conquistare i pezzi di libertà cui ha diritto”.  “La docufiction Io sono Libero – ha commentato infine il giornalista dell’Espresso, Lirio Abbate – rappresenta un esempio di servizio pubblico che vogliamo e vorremmo ancora vedere”.


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