Il 3 settembre ricorre uno dei tanti (purtroppo) anniversari di assassinio mafioso che ha scosso l’Italia dal dopoguerra. Il Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, assieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo, furono ammazzati dai killer mafiosi la sera del 3 settembre 1982. Chi furono gli esecutori e i mandanti mafiosi, i processi lo dimostrarono, i mandanti politici (come nei delitti politico-mafiosi precedenti (e successivi): Reina, Mattarella, La Torre), non furono mai scovati, seppur sempre intuiti.
Quest’anno, un Comitato composto da tante associazioni di quartiere, di categoria, antiracket, antimafia (tra cui il Centro Pio La Torre), dal Comune di Palermo, daranno vita, al di là delle manifestazioni istituzionali, a una serie di iniziative lungo il Cassaro Alto (vedi programmazione sul sito www.piolatorre.it) assunto quale luogo simbolico dell’antimafia (non retorica e di facciata) della Città di Palermo.
Infatti, in poche centinaia di metri ci sono: la caserma dei carabinieri di Porta Nuova dove Carlo Alberto Dalla Chiesa svolse la sua funzione di comandante provinciale, tra il 1966 e il 1973, nella sua lunga carriera di servitore dello Stato; il liceo classico Vittorio Emanuele II dove Padre Pino Puglisi insegnò sino al suo assassinio a Brancaccio il 15 settembre 1993; via Montevergini, traversa del Cassaro, dove sino agli anni ’80 nell’attuale sede del teatro Montevergini ebbe sede dal dopoguerra, la Cgil nelle cui fila Pio La Torre militò dirigendo negli anni ’50, sino al 1959, la Camera del Lavoro e poi la Cgil regionale (sino al 1962).
Tre uomini, tre luoghi, tre storie umane, politiche, culturali diverse ma associati da un unico spirito di servizio per il bene comune, da servitore dello Stato, da religioso, da comunista.
Tre storie, tre simboli che richiamano due tragici periodi della storia contemporanea. La seconda guerra di mafia tra il 1978 e il 1983 e la terza degli anni 90. Quella che vede l’affermazione dei corleonesi e quella che segnò l’inizio del loro declino. Quella che, soprattutto dopo l’uccisione di Dalla Chiesa, costrinse il Parlamento sotto la pressione dell’opinione pubblica, scossa dai tragici eventi, ad approvare quel disegno di legge presentato da La Torre nel 1980 e diventato la prima legge dello Stato italiano, dal Regno d’Italia alla Repubblica, con la quale si introduce il reato penale dell’associazione di stampo mafioso e l’obbligo della confisca dei beni mafiosi. Ma produsse anche la ricostituzione (dopo sei anni di vuoto) della Commissione Antimafia, quella che aveva esplorato il fenomeno mafioso dalla strage di Ciaculli (1963) sino alle relazioni conclusive del 1976 tra cui quella di minoranza firmata da Pio La Torre, Cesare Terranova ed altri. Quest’anno, qualche settimana prima dell’anniversario di La Torre e Di Salvo, la Commissione Antimafia l’ha riapprovata all’unanimità riconoscendone ancora, dopo trentaquattro anni, la validità per leggere e contrastare le vecchie e nuove mafie.
Tre uomini, uniti da una visione che considerò, e considera, la mafia un fenomeno cancellabile dalla nostra società purché fossero, e siano, tagliati i nodi culturali, economici, politici che la legano a parti della classe dirigente, dell’imprenditoria, della società. La Torre, Dalla Chiesa, Padre Pino Puglisi legati da quella comune analisi (che Pio descrisse bene nella relazione del 1976 e Dalla Chiesa nel momento in cui individuò, da prefetto di Pa al quale non furono mai assegnati quei poteri antimafia promessi, il ruolo dei cavalieri del lavoro di Catania e degli uomini della corrente andreottiana della Sicilia nel rapporto mafia-politico affari, e che Padre Puglisi pensava di debellare col processo educativo alla legalità di tutti i cittadini, soprattutto dei giovani.
La manifestazione conclusiva delle celebrazioni si terrà nel giardino davanti la Cattedrale, altra istituzione religiosa e morale che nel corso degli anni ha saputo ritrovare nel Vangelo e nelle scelte conciliari un impegno militante di ripudio e di contrasto alla mafia, superando antichi silenzi gerarchici ecclesiastici. Essa servirà a ribadire, inoltre, che non di autocelebrazione ha bisogno l’antimafia, ma di una memoria forte e diffusa che non dimentica tutti quegli ostacoli politici e sociali che i tanti Pio, Carlo Alberto, Puglisi hanno dovuto affrontare.
Da quelle lezioni di vita un nuovo impegno antimafia concreto non autoreferenziale e votato a realizzare l’adeguamento e il rafforzamento della legislazione contro le mafie della globalizzazione. Un banco di prova per la politica.