Gli italiani rivogliono le frontiere. Parola (documentata) di Ilvo Diamanti, sulla base di un rapporto dell’Osservatorio sulla sicurezza dei cittadini. Solo il 15% degli italiani (del campione intervistato da Demos) pensa che il trattato di Schengen vada mantenuto, mentre il 48% ritiene che occorre sorvegliare sempre le frontiere e un terzo che lo si debba comunque fare in alcune circostanze particolari. Rivuole i controlli la maggioranza di quelli che votano per il centro destra e la metà degli elettori cinquestelle, ma anche il 40 per cento di chi vota per il centro-sinistra. Se consideriamo che la percentuale cala decisamente fra i giovani e gli studenti e che l’elettorato di centro-sinistra va ormai scomparendo dalle periferie, mi pare probabile che in questa nostalgia delle frontiere c’entrino qualcosa il tenore di vita e il grado di istruzione, oltre che l’età. D’altra parte, se il disagio dei controlli al confine è avvertito soprattutto se non esclusivamente da chi si reca all’estero per diporto o trasferte professionali, a temere l’arrivo e la presenza di stranieri sono, a ragione o a torto, soprattutto i lavoratori e le famiglie del ceto medio basso. E i disoccupati, naturalmente.
Quel che è certo è che il sogno della “nuova frontiera”, nel tempo e nello spazio, che animava le speranze di noi giovani degli anni sessanta, nel tempo dei Kennedy, di Krusciov e Papa Giovanni, come pure l’Europa federale immaginata da Altiero Spinelli, Monnet, Schuman e Adenauer, non fanno più parte dell’orizzonte comune. E quanto più si fanno sentire le conseguenze di una globalizzazione socialmente e politicamente abortita quanto finanziariamente perversa, tanto più si diffonde la voglia di erigere muri e barriere. Il mito della vecchia frontiera. Allora avevamo la guerra fredda ma anche qualche utopia, ideologica o religiosa, che incoraggiava gli uomini a una solidarietà operante. Oggi non solo non abbiamo più utopie, ma con l’acqua del socialismo abbiamo gettato anche il bambino della fraternità. E abbiamo la guerra mondiale, calda e “a pezzi” come l’ha definita Papa Francesco. Dalla quale tentano di salvarsi milioni di sopravvissuti alla fame e alle stragi fuggendo in quello che i media hanno presentato loro come il paradiso in terra. Sanno bene, ormai, che troveranno alla sua porta la spada fiammeggiante dell’angelo ma pensano di non avere alternative. Né queste vengono concretamente offerte – comunque non in misura adeguata – dagli attuali abitanti del presunto paradiso, nonostante tante vane dichiarazioni di buona volontà per aiutarli “a casa loro”.