“Il mio nome è MAI PIU, MAI PIU, MAI PIU…” correva l’anno 1999 e il mondo si preparava ad aprire definitivamente gli occhi sulla tragedia della guerra in Bosnia. Tre grandi artisti italiani Jovanotti, Pelù e Ligabue decisero di scrivere questa bellissima canzone per dire basta al disastro costato la vita a migliaia persone, alle bombe che resero orfani centinaia di bambini, agli stupri di massa e all’indifferenza. “Mai più” gridammo tutti con loro e partì una grande stagione di solidarietà, ricostruzione e poi pace.
Davanti ai nostri occhi, al di là del mare, quel conflitto per anni silenzioso, sconvolse attraverso gli schermi della tv i nostri animi, le nostre estati e i nostri inverni, ci fece inorridire e indignare, provare quel senso di pietà e dolore nel vedere fin dove può spingersi l’odio umano e allora gridammo ancora più forte MAI PIU!!, mentre nel caldo delle nostre case ci domandavamo “Dove eravamo, come era potuto accadere tutto ciò e perché?
Sono passati molti anni, il mondo, la comunità internazionale, aveva giurato che MAI sarebbe più accaduto nulla nemmeno di simile a ciò che toccò in sorte all’ex popolo yougoslavo, ma non è stato così. Sarajevo è ancora assediata, i suoi quartieri distrutti, i suoi figli uccisi, tutti gli ospedali bombardati, così come le scuole, le case. Le persone che non sono riuscite a fuggire sono intrappolate e muoiono di fame, malnutrite, sconvolte, le bombe a grappolo tagliano in due i corpi degli innocenti, mancano gas, luce ed acqua tolti all’occorrenza per fiaccare il fronte avversario, i bambini sono reclutati come soldati o fanno da scudi umani, si ammalano, muoiono tra le braccia delle loro madri disperate. Sarajevo oggi si chiama Aleppo e sono passati già 5 anni.
5 anni lunghi di conflitto in Siria, la Bosnia dei nostri anni, quelli di facebook e twitter, per intenderci, in cui la politica urla, parla ma non si indigna, figli di una crisi economica duratura e di una ripresa che fatica ad arrivare, eravamo ancora una volta in tutt’altre faccende affaccendati quando i campi profughi di Giordania, Iraq, Turchia, Libano si riempivano di umanità disperate, di bambini in fuga dall’orrore di una guerra che era stata definita civile e regionale e che oggi per numeri, proporzioni e attori in campo è una guerra mondiale dove non si sa che fine abbia fatto il BENE mentre è molto chiaro dove si sia il MALE. 5 milioni di profughi, migliaia di bambini e civili uccisi, cifre che fanno rabbrividire anche rispetto al conflitto in Bosnia, milioni di sfollati interni e 20 città sotto assedio. Mediatori internazionali che falliscono e fughe, tante fughe anche in Europa, qui da noi, dove veder annegare un bambino, anzi nell’ultimo anno e mezzo quasi mille bambin,i non indigna più o forse si, scusate, indigna per 24 ore perché poi ci sono le Giunte da far cadere, i referendum vitali da vincere vincere, le Olimpiadi da disputare. Tutto bene, giusto, fa parte del nostro fortunato viveer quotidiano ma non per tutti è così. Un anno fa ci siamo da bravi “europei” autodichiarati “invasi” perché dalla rotta balcanica arrivarono migliaia di siriani in fuga da una guerra che nessuno ha saputo risolvere ma dove “giocano tutti”, che è una delle concause di questi movimenti umani dei nostri giorni che sembrano non finire mai. Eppure pochi, nessuno, anni fa, volgeva lo sguardo ai paesi limitrofi alla Siria dove milioni di siriani da anni vivono in tende o container, tra la melma, il fango e gli escrementi abbandonati da tutto e da tutti, da Dio e da Allah.
Che strano silenzio quello del mondo, di un certo mondo, quello che con una parola, una canzone, un gesto potrebbe fare molto. Potrebbe, come con me giovane studente universitario con le cuffie nel 1999, attraverso quella canzone dei miei tre idoli, aiutare noi comuni mortali a comprendere quanto sia inutile una guerra, quanto sia importante chiedere conto ai governi che votiamo del loro impegno per la pace e sensibilizzare tutti e arrivare dove io oggi, che non sono nessuno, non posso arrivare.
Cari artisti italiani, cantanti, scrittori, musicisti, e così via, c’è una guerra a 4 ore di aereo da casa nostra che non ha precedenti nella storia, che è iniziata tra governativi e ribelli, continuata con alqaeda, al nustra, poi Isis poi Iran, Turchia curdi, hezbollah americani russi francesi e..proseguo? ma che in mezzo a questo caos vede morire ogni giorno bambini innocenti, ripeto bambini come i nostri figli, che, credetemi, se ne guarderebbero bene dal fuggire qui a casa nostra se noi fermassimo le bombe che distruggono casa loro. Vi chiedo una piccola cortesia, non bastano articoli sui giornali, un post su Alan o Omran, l’indignazione spot e trendy per una notizia sulla bomba al cloro tanto per far vedere che ci siete o che state “sul pezzo”. Vi chiedo di esprimervi, chiedo a voi di CHIEDERE PACE, a voi di lanciare una raccolta firme perché così firmano tutti, a voi di andare in tv così vi guardano tutti, e di scrivere una canzone sulla pace così la canteranno tutti. E capiranno, accidenti se capiranno e forse piangeranno. In fondo siamo tutti dalla stessa parte giusto? Dalla parte di chi ha perso tutto, di chi ha visto morire i propri genitori, dalla parte di chi è martoriato dalle bombe che non hanno colore, che provengano da uno o l’altro dei contendenti. Stiamo dalla parte del papà di Alan, del piccolo Omran senza più il suo fratellino vero? Dalla parte di un popolo che soffre, ammazzato, violentato, annientato da più di 5 anni anche dalla nostra indifferenza e voi? Dove siete?
Non c’è più tempo per i MAI PIU, anzi aboliamo questa frase dal nostro vocabolario come “baby kamikaze” ed oscenità di questo tipo, inventiamo una frase nuova, una canzone nuova, un girotondo nuovo, una marcia nuova per dire BASTA guerra in Siria e a tutte le guerre come quella in Yemen, la “nuova Siria”, di cui ci accorgeremo quando sarà una catastrofe umanitaria e che ha già ucciso migliaia di bambini e mutilati altrettanti.
Chiediamo PACE, anche se è difficile, anche se ci diranno che lo facciamo senza sapere gli equilibri geopolitici che ci sono “sotto” (o sopra??)! Perché la geopolitica spiega bene ma la richiesta tutti insieme, nelle pi9azze di tutta Italia, sui giornali, a casa e nei posti di lavoro, di fare uno sforzo in più per portare pace là dove ce ne è bisogno vale molto di più. Chi chiede Pace da fastidio perché chiede alla politica soluzioni, iniziamo da oggi, iniziamo da qui, da quel bambino siriano che ci guarda e ci dice “Il mio nome NON è MAI PIU” e salviamogli la vita, insieme.