Grillini a rischio logoramento

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Un trampolino di lancio verso il governo, verso Palazzo Chigi. Quando il M5S vinse le elezioni comunali lo scorso 19 giugno, i militanti cinquestelle esultavano nelle piazze, su internet, in Parlamento. Il fiore all’occhiello di quella vittoria era Roma: Virginia Raggi era stata eletta sindaca della capitale con un trionfale 67% dei voti al ballottaggio contro Roberto Giachetti, il candidato del Pd travolto, più che doppiato, nei consensi. Fu un enorme successo causato anche dagli errori dei sindaci del centrosinistra e del centrodestra che in passato avevano guidato la metropoli e, soprattutto, dallo scandalo di Mafia Capitale, l’inchiesta giudiziaria che aveva colpito anche esponenti dell’ormai disfatto bipolarismo italiano.

La vittoria dei cinquestelle era clamorosa, avevano conquistato la più grande ed importante città italiana, la capitale della Repubblica e la sede della Chiesa cattolica. Roma poteva essere il passaporto per passare da un ruolo di opposizione antagonista anti sistema ad una funzione di governo anche nazionale. Beppe Grillo era euforico: «È un giorno storico, da oggi cambia tutto», ora c’è «il cambio di passo del Movimento 5 Stelle, riconosciuto dai cittadini come una forza di governo affidabile e capace».

Tuttavia i progetti pentastellati potrebbero andare in frantumi. L’impensabile è accaduto in una manciata di giorni. Grillo non dorme più la notte per la frana della giunta di Virginia Raggi a Roma. Gli scontri interni al M5S della capitale e i guai giudiziari stanno avendo effetti devastanti: il primo settembre si sono dimessi il capo di gabinetto della Raggi, Carla Rainieri, e l’assessore al Bilancio della giunta della capitale, Marcello Minenna; poi hanno lasciato i vertici dell’Atac (l’azienda di trasporto pubblico) e dell’Ama (l’azienda per i rifiuti urbani). Successivamente è caduto Raffaele De Dominicis perché indagato per abuso d’ufficio: il sostituto di Minenna non ha fatto nemmeno in tempo ad assumere l’incarico, appena ricevuto, di assessore ai conti del Campidoglio. Quindi si è liquefatto il “mini direttorio romano” pentastellato, affiancato alla sindaca e guidato dalla senatrice Paola Taverna.

Adesso nel mirino c’è Paola Muraro, titolare del cruciale assessorato all’Ambiente. La Muraro, già consulente per 12 anni dell’Ama con un compenso complessivo di oltre un milione di euro, è in una situazione molto difficile: è indagata dalla Procura della Repubblica di Roma per reati ambientali ed abuso d’ufficio. Ma rischiano il posto anche due uomini di stretta fiducia della Raggi: il vicecapo di gabinetto Raffaele Marra e il capo della segreteria Salvatore Romeo.

Sono colpi bruttissimi per la sindaca grillina di Roma. Dal 7 luglio, il giorno nel quale si è insediata al Campidoglio, è una litania di pessime notizie. Deve fare i conti con gli autobus che non passano alle fermate, con i cassonetti stracolmi di immondizia, con il rischio dello sfaldamento della sua giunta appena nata, con i veleni e gli scontri interni al M5S. Virginia Raggi si è difesa e ha contrattaccato: «Diamo fastidio ai poteri forti, ma siamo uniti e determinati». Continua a dare fiducia a Paola Muraro fino a prova contraria: «Aspettiamo le carte» dei magistrati, «saranno i pm a decidere se c’è ipotesi di reato o si va verso l’archiviazione». Ha assicurato a un gruppo di sostenitori:  «Io non mollo. Non mollo».

I militanti e gli elettori cinquestelle sono delusi, confusi e furenti. Il grido «onestà!, onestà!, onestà!» è uno slogan urlato per anni nelle piazze, scritto sul web, declamato in Parlamento e nelle poche riunioni del neonato consiglio comunale capitolino. Nella gestione di Roma molti grillini non vedono il rinnovamento sperato e lamentano troppi errori, altri puntano il dito contro “i poteri forti” antagonisti del M5S. Telefonate infuocate, vertici riservati, discussioni, scambi di accuse, urla. Deputati e senatori grillini si sono riuniti per decidere cosa fare. Molti hanno messo sotto accusa la Raggi. Il direttorio si è incontrato a porte chiuse con Grillo, alla fine piombato nella capitale da Genova, per trovare una soluzione.

Ben poco è trapelato da quella riunione nell’albergo romano in cui alloggia Grillo. Un fatto è certo: è tornato in campo da protagonista. Il fondatore del M5S, che due anni fa aveva fatto “un passo di lato” tirandosi un po’ da parte e lasciando spazio a un nuovo gruppo dirigente, in particolare varando un direttorio di garanti del programma composto da cinque giovani deputati (Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Carla Ruocco, Roberto Fico, Carlo Sibilia), ha ripreso un ruolo guida. La preoccupazione è il possibile fallimento della giunta Raggi. Sarebbe un micidiale colpo di clava contro la capacità di governare una grande città e contro la stessa idea palingenetica dei cinquestelle.

Il comico genovese, dopo aver calcato il palco dei teatri nei mesi scorsi, è ritornato ad interpretare il ruolo di leader politico carismatico. Ha tenuto un comizio a Nettuno, vicino Roma, per serrare i ranghi ed impedire la distruzione del M5S: «Ogni tanto qualche cazzata la facciamo…» e «io devo fare il capo politico». Ha difeso e messo sotto tutela la sindaca della capitale: «Raggi andrà avanti e noi vigileremo». Ha rilanciato l’allarme perché «il sistema è compatto contro di noi». Sul potente blog di Grillo su internet sono state pubblicate anche delle indicazioni concrete sul ripensamento dell’organizzazione in Campidoglio: «L’attuale vicecapo di gabinetto Raffaele Marra sarà ricollocato in altra posizione».

Dà anche la linea politica alla Raggi, anticipando la bocciatura delle Olimpiadi nella capitale nel 2024. Sempre il blog del garante del M5S ospita un articolo di Elio Lannutti dal titolo “Olimpiadi a Roma no grazie”. Il presidente dell’Adusbef, un’associazione dei consumatori, ha stroncato l’iniziativa sostenuta dal governo Renzi: le Olimpiadi «possono essere funzionali alle classi politiche ed economiche per appagare il delirio di onnipotenza di immarcescibili saltimbanchi», e «i Giochi spesso vengono utilizzati per ipotecare il futuro dei giovani gonfiati di debiti e come potenti armi di distrazioni di massa».

Il sentiero della sindaca Raggi è stretto, pericoloso, pieno di trabocchetti e adesso Grillo sta controllando le sue mosse passo dopo passo.

Qualche avversario striglia i cinquestelle: fioccano le accuse di incompetenza, di mancanza di trasparenza interna, di essere forcaioli con i guai giudiziari degli altri e garantisti con i propri. Matteo Renzi, però, è cauto. Il presidente del Consiglio e segretario del Pd ha preferito restare distaccato e non infierire: «Sono dispiaciuto di quello che sta accadendo a Roma. Noi non siamo come gli altri che godono delle disgrazie altrui». Non solo. Ha ribadito la volontà di cooperazione istituzionale: «Alla sindaca Raggi confermo la collaborazione».

La scelta del dialogo è ponderata. Lo scontro interno e le dimissioni a catena a Roma non fanno bene all’’immagine del M5S; anche a livello nazionale i grillini rischiano il logoramento. Al contrario, un eventuale attacco di Renzi potrebbe ricompattare i cinquestelle verso il “nemico esterno”.


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