E’ deceduto stamani a Roma Gian Luigi Rondi, il più anziano e per molti ‘il più autorevole’ dei critici cinematografici italiani (e europei). Rondi, che durante la sua lunga vita aveva ‘dato del tu’ ai mostri sacri della settima arte (Chaplin compreso), era nato in Valtellina nel 1921. A 4 anni si trasferisce con la famiglia a Genova, nuova destinazione del padre, promosso capitano dei Carabinieri. Nel capoluogo ligure frequenta il Liceo classico Andrea Doria poi il Cristoforo Colombo fino al quinto ginnasio quando, nel 1935 c’è un nuovo trasferimento del padre, a Roma, per cui completa gli studi presso il Liceo classico statale Giulio Cesare nel 1940.
Si iscrive alla facoltà di giurisprudenza ed è congedato dal servizio di leva per un problema cardiaco. Quando si laurea nel 1945 ha già al suo attivo una collaborazione con “Voce Operaia”, organo del Movimento dei Cattolici Comunisti, nel quale svolge attività partigiana. Acqua precocemente passata sotto i ponti della gloria ‘ammazzacattivi’.
Nel 1945 dirige la rivista Teatro, e collabora con Silvio D’Amico alla redazione di biografie teatrali e cinematografiche per l’Enciclopedia dello Spettacolo da lui stesso diretta.
Di specchiata fede democristiana (andreottiana, per l’esattezza, sin dall’anno di “Umberto D” e dei ‘panni sporchi da lavare in casa’), nel 1946 si iscrive all’Albo dei giornalisti professionisti dopo aver collaborato anche alla cronaca cittadina del quotidiano “Il Tempo”, per il quale l’anno successivo comincia ad essere critico cinematografico titolare, incarico ricoperto sino agli ultimi giorni di vita (per un profondo legame sia alla linea editoriale, conservatrice, della testata, sia ai suoi avvicendati editori, ad iniziare dal fondatore Renato Angiolillo). Con oggettiva, ammorbidita e peculiare attenzione (filtrata da una cultura vasta e raffinata) alle opere-prime dei registi italiani, spesso (messi) in condizione di restare al palo, e rassegnarsi (causa distribuzione, esercizio, esercizio) al solo ‘canto d’inizio’.
Conoscendo perfettamente la linga francese, dal 1948 è corrispondente del quotidiano “Le Figaro”, dei periodici “Cinémonde” e “Le Film Français”, del periodico belga “Cinérevue”. Critico cinematografico de “La Fiera Letteraria”, tiene corsi di storia ed estetica del cinema all’Università Internazionale Pro Deo (oggi Luiss). Si sposa a Parigi con Yvette Spadaccini, avendo per testimoni testimoni Silvio D’Amico e Guido Salvini. Nel frattempo diventa acerrimo, giurato nemico del cinema civile italiano, specie di Francesco Rosi (per “Le mani sulla città”) e di Elio Petri (per “Todo modo”, micidiale apologo, da Sciascia, che precede di poco il Caso.Moro)
Nel 1949 è per la prima volta membro della giuria alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia (X edizione). Nel 1950 comincia la collaborazione per il Giornale Radio Rai, che durerà fino al 1995.
Negli anni cinquanta si concentra la sua attività di sceneggiatore. Collabora con registi come Georg Wilhelm Pabst, Joseph L. Mankiewicz, René Clair, Jean Delannoy e Ladislao Vajda. Contribuisce soprattutto alla realizzazione di alcuni documentari di carattere storico e biografico e ne firma anche alcuni come regista.
Nel 1951 in Francia viene insignito del titolo di Cavaliere della Legion d’Onore e intanto prosegue parallelamente all’attività di critico e di saggista, quella di docente universitario (Storia del cinema italiano all’Università per Stranieri di Perugia e all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, storia ed estetica del cinema alla Pontificia Università Gregoriana di Roma).
Con gli anni sessanta comincia la sua collaborazione anche per la televisione. Cura diversi cicli cinematografici dedicati a grandi registi. La sua fama e autorevolezza sono sempre più internazionali come testimoniano la partecipazione alle giurie dei più grandi festival di tutto il mondo. Dopo Venezia arrivano infatti Berlino (1961), Cannes (1963), Rio de Janeiro (1965), San Sebastian (1968).
Importante l’opera di riforma degli Incontri Internazionali del Cinema di Sorrento, che dal 1966 in poi saranno monografici, dedicati ogni anno ad un autore. Rondi li dirige fino al 1990.
Prosegue con successo l’attività sulla carta stampata, in radio, televisione e presso le giurie dei più importanti festival internazionali e, intanto, nel 1970, fonda il “Festival delle Nazioni” di Taormina del quale è anche direttore artistico. Nel 1971 fa il suo ingresso alla Biennale di Venezia come Commissario, incarico che lascia dopo due anni in polemica per la mancata riforma dell’ente, e nel primo anno come commissario ne venne chiesto il licenziamento per l’inserimento del film I diavoli alla mostra di Venezia.
Il ritorno a Venezia avviene nel 1983 e nei quattro anni nei quali è Direttore della Mostra ridà smalto alla manifestazione, rendendosi protagonista anche di discusse scelte, come l’esclusione dalla selezione del film Velluto blu di David Lynch, interpretato da una giovane Isabella Rossellini.
In seguito presiede il Festival di Locarno, nel 1988; in seguito viene nominato, dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, membro del Consiglio direttivo della Biennale di Venezia, con durata quadriennale.
Dal 1993 al 1997 è Presidente della Biennale di Venezia.
Il 3 marzo 2011 è stato nominato dal governo Berlusconi commissario straordinario della Siae.
Dal giugno 2008 al febbraio 2012 è Presidente della Fondazione Cinema per Roma, sovraintendendo al Festival Internazionale del Film di Roma diretto da Piera Detassis.
Ha partecipato alla trasmissione televisiva di Raiuno Cinematografo condotta da Gigi Marzullo. È stato presidente dell’Accademia del Cinema Italiano – Premi David di Donatello che assegna ogni anno il David di Donatello, il più prestigioso premio cinematografico italiano.
Il fratello minore, Brunello Rondi (1924-1989), padre del giornalista Umberto, è stato regista, sceneggiatore, collaboratore (bistrattato) di Federico Fellini. Che, al pari del fratello, non tralasciava occasione per misconoscerlo e dargli a bere boccali amari. Nel rutilante andazzo delle Vanità in fiera, di alto o basso rango. Prendere o lasciare (analogamente a quanto, per doppia coincidenza, era accaduto a Riccardo Fellini, fratello fragile, idealista e di buon cuore, regista di qualche talento, che l’indaffarato Federico aveva pragmaticamente… perso per strada).