Il fertility day che il governo ha voluto celebrare oggi è una delle iniziative peggiori che si potessero ideare, e su questo ci siamo espressi da tempo. Il tentativo della ministra Lorenzin di salvare il salvabile attribuendo tutte le colpe ai responsabili della comunicazione è patetico e conferma che quando una cosa è sbagliata è sbagliata e basta, doveva essere abrogato l’evento chiedendo scusa ai cittadini e soprattutto alle cittadine. Di ogni etnia e di ogni colore. La vergogna della prima campagna promozionale del fertility day è stata per certi versi superata dal razzismo non velato ma palese della seconda campagna, ritirata all’ultimo momento.
Purtroppo non ci si dovrebbe limitare alle semplici polemiche o addirittura all’ironia. Da ridere non c’è proprio niente. L’iniziativa del fertility day nasce da una impostazione di stampo retrogrado, maschilista e falsamente perbenista, che vorrebbe un ritorno indietro di cento anni per i diritti civili e soprattutto per i diritti e la dignità delle donne, compresa la loro salute. Una impostazione che di fatto insulta le minoranze e pretende di presentare come educativa una campagna che più diseducativa non potrebbe essere.
In un paese normale la ministra della salute si sarebbe dimessa da tempo e il presidente del consiglio avrebbe chiesto scusa. Nulla di tutto questo.
Ma qualcuno soddisfatto ci sarà. Nelle ultime due settimane ho frequentato per motivi familiari due cliniche private e un grande ospedale romano. Nell’ospedale c’erano nelle bacheche gli opuscoli del fertility day, abbandonati a loro stessi, nelle cliniche non c’erano ma stranamente da ogni parte erano in bella mostra depliant per le cure sulla fertilità disponibili nella casa di cura a cifre con molti zeri. Depliant che vengono inseriti anche nelle buste degli esami diagnostici di ben altro genere quando vengono ritirate con il referto.
Ho molti dubbi che gli interessi in ballo siano quelli del tema, importante, della diminuzione delle nascite e dell’educazione alla genitorialità e provo un grande senso di rabbia.