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Di nuovo alla ribalta il mistero Regeni

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Il Corriere della Sera ha dato notizia di un incontro che avverrà a Roma l’8 e il  9 settembre prossimo e che potrebbe anche far fare un passo avanti decisivo nelle indagini sulla uccisione al Cairo del ricercatore italiano Giulio Regeni.
Verrà, nella capitale italiana, il procuratore generale del Cairo Nabil Ahmed Sadek, che incontrerà, sulla base di una precisa richiesta partita ormai molti giorni fa dal capo della procura romana Giuseppe Pignatone e dagli altri magistrati il sostituto pm Sergio Colacicco, i carabinieri del Ros e i poliziotti del Servizio centrale operativo che seguono la vicenda. Un  appuntamento giudiziario dalle evidenti aspettative politico-diplomatiche dal quale potrebbe dipendere la decisione che il governo italiano deve prendere a breve  se e quando mandare in Egitto il nuovo ambasciatore Giampaolo Cantini, nominato ma non ancora insediato con le relative credenziali.

Il richiamo del suo predecessore Maurizio Massari avvenne nell’aprile scorso, dopo il fallimento del primo vertice romano tra magistrati dei due Paesi per la scarsa collaborazione fornita dai colleghi egiziani  e l’effetto immediato fu la convocazione urgente del rappresentante diplomatico, disposta dall’esecutivo. Da allora Massari ha cambiato incarico, spostandosi all’Unione Europea e il suo sostituto Cantini non ha preso possesso della nuova sede proprio perché l’Italia era in attesa di conoscere gli sviluppi del caso Regeni.

Nei mesi successivi ci sono state pochissime novità. Tra cui una che mette una volta di più le autorità del Cairo di fronte alle loro responsabilità, lo smascheramento da parte degli inquirenti italiani , del depistaggio organizzato dagli apparati di polizia egiziani con la storia della banda di criminali comuni che avrebbe rapinato e ucciso Giulio, a sua volta annientata in un presunto conflitto a fuoco.

La “prova regina” contro i “malviventi” doveva consistere nel ritrovamento dei documenti di identità di Regeni  casa del capobanda  ma l’analisi dei tabulati telefonici ha dimostrato che il giorno del sequestro quest’uomo si trovava ad oltre 100 chilometri di distanza dal luogo in cui il ricercatore fu rapito. La logica conseguenza negativa sarebbe dovuta essere un’indagine approfondita sugli autori della messinscena, pure per capire da dove e come erano ricomparsi i documenti di Giulio. Ma, nonostante le sollecitazioni della procura di Roma, su questo punto non è arrivata nessuna comunicazione.
Nell’incontro della prossima settimana se ne tornerà a parlare ed è verosimile che le risposte egiziane avranno un peso nell’invio o meno del nuovo ambasciatore. I due genitori di Giulio, (Paola e Claudio Regeni) continuano a chiedere che il governo non rinneghi la fermezza ripetutamente promessa da Renzi anche attraverso forme di pressione politica che costringano il Cairo ad accertare e a dichiarare la verità sulla morte del figlio Giulio.


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