“Mai come oggi nel mondo è notte, è buio, è importante camminare nel buio”. Attraverso le parole di Padre Alex Zanotelli si comprende il senso profondo della marcia notturna Perugia-Assisi “contro la violenza e l’indifferenza”, evento straordinario in vista dell’appuntamento annuale della Marcia della Pace, che si terrà il prossimo 9 ottobre. Tante le realtà pronte a dare il loro contributo per una marcia eccezionale: non solo i frati francescani di Assisi, ma anche l’Arci, l’Anpi, il movimento dei Focolari, la FNSI, l’associazione “Un Ponte Per” e “Dare”, Articolo21 si sono ritrovati alla Casa dell’Associazionismo di Perugia per dare il via alla marcia contro l’indifferenza.
Come spiega Flavio Lotti, tra gli organizzatori dell’evento, l’iniziativa nasce come gesto inedito e faticoso in risposta all’allarme profondissimo per quello che sta accadendo in diverse parti del mondo, sempre più spesso dimenticate. Troppe violenze, troppa indifferenza per non reagire. La marcia Perugia-Assisi si propone proprio di gettare luce su quelle realtà ignorate, ponendo l’attenzione sull’importanza imprescindibile della responsabilità che pesa su ognuno di noi. Ogni cosa che facciamo, in qualsiasi momento della giornata – continua Lotti – può aiutarci a costruire la pace o a seminare conflitti, alimentare divisioni e scontri.
La marcia è una “scusa”, un pretesto per dire che la marcia della pace è un percorso che dura tutto l’anno, un impegno che inizia prima della partenza da Perugia e non termina alla Rocca di Assisi, secondo Sergio Bassoli della Rete della Pace. Contro i sentimenti di razzismo, islamofobia e xenofobia che la fanno da padrone nella maggior parte dei paesi dell’Occidente, chi partecipa alla marcia della pace lo fa scegliendo da che parte stare e denunciando “chi ci vuole dividere da chi è nostro fratello”. Come sottolinea ancora Padre Alex Zanotelli, la manifestazione vede la collaborazione delle tante realtà “belle” che in Italia lavorano per la pace, che si uniscono in un unico grande fiume. La denuncia della drammaticità del momento che stiamo vivendo, in Italia e nel mondo, si fa ancora più dura quando Zanotelli si rivolge ai ministri della Difesa e degli Esteri, Roberta Pinotti e Paolo Gentiloni, rei di aver lanciato un appello sul quotidiano francese Le Monde per una “Schengen della difesa”: in Europa – chiedono i ministri – nasca una forza militare capace di contrastare l’avanzata del terrore islamico. Una visione inconcepibile e retrograda, quella dei rappresentanti del Governo, che rischia di innescare una sorta di guerra coloniale contro i paesi di fede islamica. “Non possiamo stare zitti”, tuona Zanotelli: bisogna reagire e pretendere che si trovi una soluzione diplomatica alla crisi dei Paesi in guerra.
La marcia della Pace sarà occasione, inoltre, per chiedere al Governo di ricevere una delegazione della Perugia-Assisi per avere delle risposte concrete in merito ad una questione che tocca il nostro Paese da vicino: la vendita di armi a Paesi come Arabia Saudita e Qatar, responsabili di finanziare e rifornire gruppi terroristici. La legge 185, quella che disciplina le esportazioni belliche italiane, è ad oggi “totalmente disobbedita” e sull’Italia gravano responsabilità pesanti.
Parole importanti arrivano anche dal segretario UsigRai, Vittorio Di Trapani, che, lanciando un appello agli organi di informazione, chiede che i trenta giorni che ci separano dalla marcia della Pace del 9 ottobre siano occasione per enunciare trenta motivazioni per partecipare alla manifestazione. L’indignazione – spiega Di Trapani – non può fermarsi alle immagini strazianti della guerra che lacera la Siria, ma si facciano forza per squarciare il buio dell’indifferenza e illuminare quelle periferie troppo spesso nell’ombra. La marcia, anche attraverso l’informazione, si fa strumento per “abbattere i muri e costruire ponti”.
Dall’11 settembre di quindici anni fa, in seguito all’attacco terroristico al World Trade Center di New York, l’unica lingua compresa da tutti è quella del terrore, secondo la testimonianza dell’Arci. La guerra non è, però, come vogliono farci credere, la prosecuzione della politica, ma il fallimento della stessa. Quello che bisognerebbe fare è “empatizzare e tramutare il dolore in atti politici veri”, guardare ad una rivoluzione culturale come soluzione al momento tragico che stiamo vivendo. Un contributo importante arriva anche dalla comunità francese: il presidente dei francesi dell’Umbria, Gilles Dubroca, spiega come, nonostante il dolore, i francesi abbiano scelto la via del confronto e dell’integrazione, promuovendo percorsi che vedono protagonisti i bambini della comunità francese e di quella musulmana, convinti che la via per la pace passi per la conoscenza e il rispetto dell’altro.