Nei luoghi del sisma arrivano in processione le figure istituzionali, che piangono, abbracciano i superstiti, promettono che non saranno lasciati soli. Responsabilità, bontà e impegno aleggiano sulle macerie e nel reality del dolore è protagonista la solidarietà. Nel frattempo, politici, giornalisti, associazioni ed esperti si passano il testimone e prospettano una pronta ripresa per i paesi ridotti in macerie. Se le parole fossero mattoni…
Nonostante i 280 morti, si parla, chissà perché?, di “miracolo civile” e intorno ai sopravvissuti, chi non è eroe, è presentato quantomeno come santo. La realtà, però, non è diversa dal consueto e i veri sciacalli si stanno fregando le mani in previsione della “ricostruzione”. I media danno spazio a ciò che commuove l’opinione pubblica, ma evitano accuratamente – nonostante abbiano ricevuto appelli e comunicati al riguardo – di pubblicare informazioni sulle imminenti operazioni di “puntellamento”, che richiederanno fondi per centinaia di milioni di euro. Come dice il proverbio, “cane non mangia cane”. Restano dietro le quinte i veri problemi: la tragedia del sisma poteva essere evitata, perché le istituzioni conoscevano la condizione degli edifici e delle strade nei centri maggiormente colpiti dalle scosse telluriche. Ecco un passaggio del documento redatto dalla protezione civile in merito ai pericoli sismici nel comune di Amatrice: “Si deve rilevare altresì che l’edilizia abitativa e non del territorio comunale è per lo più risalente all’Ottocento. Gli interventi in cemento armato e la sua diffusione sono sicuramente riconducibili agli interventi realizzati dopo il 1960, pertanto il rischio sismico è alto e lo testimoniano i danni riportati dall’edilizia pubblica e privata causati dal sisma del 1979 e da ultimo del 2009 che interessò la città dell’Aquila”. Tutti sapevano, ma nessuno, fra chi di dovere, ha agito e adesso tutti piangono di fronte alle telecamere e ai microfoni. Se vogliamo onorare i morti e difendere i diritti dei vivi, questo spettacolo non deve andare avanti.
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