Le emergenze, come sempre, esaltano il meglio e il peggio del carattere nazionale. A questa regola non sfugge neppure l’informazione: cosí non è mancato chi ha colto anche questa triste occasione per suonare il piffero della propaganda, oppure per alimentare il razzismo tentando di contrapporre gli aiuti alle popolazioni colpite con quelli dati a chi ha scelto l’Italia per fuggire dal terrore e dalla fame. La stragrande maggioranza dei cronisti, tuttavia, sta operando con grande generosità, dando prova non solo di rigore professionale, ma anche di autentica passione civile ed umana. Come ha riconosciuto lo stesso sindaco di Amatrice il ruolo dei media è stato essenziale per suonare l’allarme, per svegliare l’Italia, per promuovere la catena di solidarietà in atto, per stimolare nuove iniziative.
In questi giorni la cronaca dell’emergenza proseguirà e i riflettori resteranno accesi. I giorni più difficili verranno dopo, con l’arrivo dell’autunno e dell’inverno, con l’inevitabile calo di tensione, con il rischio (come già accadde in Abruzzo) che gli impegni di oggi possano perdere di forza e di solennità. Per questo occorre operare per ridurre il rischio e garantire, sempre e comunque, forme straordinarie di “Illuminazione” del territorio. Mai come in questo caso sarebbe auspicabile persino un coordinamento tra le principali emittenti, una divisione del territorio in tante frazioni da monitorare e da seguire, settimana dopo settimana, per verificare lo stato di avanzamento della ricostruzione e segnalare eventuali ritardi.
In questa direzione un ruolo particolare, ovviamente, non può che spettare alla Rai che ha svolto un lavoro tempestivo e capillare, dimostrando quale possa e debba essere il ruolo di un servizio pubblico. Perché non pensare ad una presenza “permanente” da organizzare nella zona della futura ricostruzione? Perché non ipotizzare un appuntamento settimanale che segua i passaggi futuri, in una sorta di “la ricostruzione minuto per minuto?” che unisca insieme, superando barriere non più comprensibili, la radio, Rainews, la testata regionale, i Tg nazionali, i programmi di rete, le nuove piattaforme?
Ed ancora perché non assegnare ad ogni trasmissione il compito di “adottare” una frazione e di accompagnarla nella ricostruzione morale e materiale?
Le decisioni, ovviamente, spetteranno ai direttori, ma è essenziale cominciare a programmare ora, prevenendo i giorni della stanchezza e delle inevitabili amarezze, mettendo a disposizione della ricostruzione anche la forza ed il sostegno dei media e del servizio pubblico. Naturalmente spetterà ai cronisti anche il delicato compito di indagare sulle responsabilità, di fare luce sulle ombre, dì verificare le gravi denunce sugli errori, le omissioni, sulla mancata messa in sicurezza di troppi edifici, a cominciare dalla scuole?
“Troppa sabbia e poco cemento”, le parole di Raffaele Cantone meritano approfondimenti, inchieste, perché la commozione di queste ore e la straordinaria solidarietà nazionale per durare nel tempo hanno bisogno dì rigore, di giustizia, di norme e di comportamenti che rompano radicalmente con il passato. Altrimenti, prima o poi, ci ritroveremo a rivivere le stesse scene e a ripetere le stesse parole che saranno sempre più povere e svuotate di senso.
Chi davvero vuole onorare le vittime, ha ora il dovere etico, politico, professionale di occuparsi dei vivi e di mettere in sicurezza un territorio che continua a mandare segnali di allarme. Interpretarli, raccontarli, prevenirli (e non poche testate lo stanno già facendo) può e deve diventare il grande e civile contributo della informazione italiana al lutto e alla solidarietà nazionale.