Silvio Berlusconi, quasi 80 anni, un po’ per l’età avanzata e un po’ per motivi di salute, riduce l’attività imprenditoriale e politica. Diminuisce anche gli impegni ai quali tiene molto, nei quali ha profuso passione, denaro e lavoro. Si va dal calcio a Forza Italia. Dopo 30 anni ha deciso di vendere il Milan a una cordata cinese per 740 milioni di euro e ha scelto Stefano Parisi come l’uomo giusto per evitare la distruzione di Forza Italia, dopo 23 anni di vita.
L’ex presidente del Consiglio gioca la carta di Parisi contro la disfatta e la disgregazione del suo partito, sfidando le ire di gran parte del gruppo dirigente. La novità è stata annunciata con un comunicato stampa burocratico: «Il Presidente Silvio Berlusconi ha incaricato il dottor Stefano Parisi di effettuare un’analisi approfondita della situazione politica ed organizzativa di Forza Italia e di elaborare un progetto per il rilancio e il rinnovamento della presenza dei moderati italiani nella politica».
La svolta è arrivata la sera dello scorso 25 luglio, una data fatale per l’Italia. Il 25 luglio 1943 il Gran Consiglio del fascismo mise in minoranza Benito Mussolini, e accantonò il duce con il sostegno del re, perché stava perdendo la guerra contro gli anglo-americani e i sovietici. L’ex leader del centrodestra, in una cena nella sua villa ad Arcore con Parisi, alla fine ha sciolto tutti i dubbi ed “ha incaricato” Parisi di lavorare ad un progetto per rilanciare Forza Italia. Il manager, ex amministratore delegato di Fastweb e già direttore generale della Confindustria, ha accettato il compito di “cambiare profondamente l’Italia”.
Si è messo al lavoro. Tra un mese, dopo le ferie, presenterà il suo progetto per modernizzare il paese, dare forza alle imprese e creare occupazione. Tuttavia non ha rinunciato alla sua autonomia: «Sono stato incaricato da Berlusconi» di rilanciare Forza Italia, e «poi sto curando la mia iniziativa parallela del 16 e 17 settembre, autonoma dai partiti».
Banche, disoccupazione, tasse, debito pubblico, euro, corruzione pubblica, immigrazione, pericolo terrorismo islamico. Sono tanti i punti di crisi dell’Italia da affrontare. Ma tra le priorità con cui fare i conti c’è anche la battaglia per il “no” al referendum, previsto entro la fine dell’anno, sulla riforma costituzionale del governo. Si tratta di un duro e impegnativo banco di prova per la sua leadership.
Parisi, quasi 60 anni, romano, manager, economista, da giovane brillante militante socialista, è educato, preparato, deciso. Nella conferenza di settembre intende partire da una propria piattaforma e da un suo gruppo politico. Ha sfiorato il miracolo di far vincere il centrodestra a Milano nelle elezioni comunali di giugno: Giuseppe Sala, centrosinistra, è stato eletto sindaco per pochi voti di differenza. Berlusconi è rimasto colpito dalle sue capacità: in tutte le altre grandi città italiane il centrodestra, di solito diviso in 3-4 pezzi, è stato sonoramente battuto (alcune volte non è neppure arrivato ai ballottaggi) o dal Pd o dal M5S. Così l’ex Cavaliere “ha incaricato” Parisi di rilanciare Forza Italia e il centrodestra frantumato (sia con la Lega Nord di Matteo Salvini sia con Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni i contrasti sono forti).
Il manager caro al presidente di Forza Italia, secondo un titolo dato da ‘Libero’ a una sua intervista, ha “un piano diabolico” per far uscire il paese dalle secche della crisi. Parisi corteggia il ceto medio, le imprese, i commercianti, gli artigiani, i lavoratori autonomi a partita Iva, i professionisti. Declina un programma liberista: «Più libertà d’impresa, meno burocrazia, meno tasse, meno pubblica amministrazione nell’economia, nella sanità, non ostacolare il privato che investe, uno Stato non ostile alle persone, famiglie e imprese». Basta con l’Italia «soffocata dalla burocrazia inefficiente e dalle tasse. Per questo non ci sono né sviluppo né lavoro». Si definisce “liberal-popolare”, contrario ai grandi interessi delle èlite e al populismo che non dà risposte ai problemi. Critica le false promesse di Matteo Renzi e le posizioni antipolitiche del M5S e della Lega (con quest’ultima, però, punta ad un’alleanza contro il centrosinistra).
Forza Italia imbarca acqua e affonda: un tempo raccoglieva il 20% dei voti mentre oggi supera appena il 10% nei sondaggi. Silvio Berlusconi quando fondò il Pdl, unificando Forza Italia con An, arrivò nel 2008 addirittura a un trionfale 38% dei voti. Gli errori e i contrasti hanno disintegrato e decimato la sua coalizione. Berlusconi prima ha perso Pier Ferdinando Casini (Udc), poi Gianfranco Fini (Futuro e libertà), Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia), Angelino Alfano (Nuovo centro destra), Gaetano Quagliariello (Idea), Raffaele Fitto (Conservatori e riformisti), Denis Verdini (Ala). Lo hanno lasciato anche fedelissimi come Sandro Bondi, ex coordinatore del Pdl e di Forza Italia, e Paolo Bonaiuti, storico portavoce. Nelle elezioni comunali di giugno è arrivato l’ultimo flop generalizzato.
Il presidente di Forza Italia, via via, ha perduto molti uomini indicati in tempi diversi come possibili successori. I papabili erano almeno tre: Fini, Casini, Alfano. E il ricambio generazionale non c’è mai stato. Nei mesi scorsi l’ex leader del centrodestra ha indicato la volontà di lasciare il timone di comando pur restando in campo: «Ormai sono fuori dalla politica… Sono un vecchietto… Farò il regista». Certo il proprietario della Fininvest non sempre ha il “tocco magico”. Nel 2012, dopo aver aperto le porte della segreteria del Pdl ad Alfano, si lasciò sfuggire dei dubbi sulla scelta: «Gli vogliono tutti bene, però gli manca un quid…». Immediatamente dopo smentì quelle affermazioni: “Sosterrò” Alfano come candidato alla presidenza del Consiglio. Ma seguì una clamorosa frattura ancora sanguinante: Alfano con il Ncd è al governo assieme a Renzi mentre Berlusconi è all’opposizione.
Adesso l’ex Cavaliere, dopo aver subito anche una delicata operazione al cuore, “ha incaricato” Parisi. L’ex amministratore delegato di Fastweb è, parafrasando un film, “il quarto uomo” designato alla successione.
I “colonnelli” di Forza Italia sono divisi. Parisi per alcuni è l’uomo giusto per tentare il rilancio, per molti altri no. È un tecnico sperimentato con buona esperienza politica, ma non basta. I paralleli si sprecano. Nelle elezioni comunali a Roma Berlusconi, abbandonato il candidato Guido Bertolaso, alla fine ha appoggiato il cinquantenne Alfio Marchini. Tuttavia è andata malissimo. L’imprenditore romano, vicino a Massimo D’Alema, erede di una famiglia di costruttori comunisti, alla guida di un’alleanza di centrodestra, nemmeno è arrivato al ballottaggio ed è stata trionfalmente eletta sindaca della capitale la grillina Virginia Raggi.