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Papa Francesco: le parole e il silenzio

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Papa Francesco che entra a capo chino ad Auschwitz, che incontra alcuni degli ultimi superstiti e si siede su una panchina da solo, in silenzio, raccolto in preghiera per commemorare la più atroce tragedia del Novecento e, forse, della storia dell’umanità.
Papa Francesco messaggero di pace e di uguaglianza, ancora una volta, nei giorni dell’odio e della barbarie, del martirio di padre Jacques e del riacutizzarsi delle tensioni fra mondo cristiano e mondo musulmano, solo parzialmente sopite dalla splendida iniziativa delle comunità islamiche di recarsi in chiesa a pregare insieme ai propri fratelli cristiani, al fine di inviare un messaggio di solidarietà, di pace, di rispetto reciproco e di amicizia in una fase storica nella quale di questi valori avvertiamo più che mai il bisogno.
Papa Francesco e le centinaia di migliaia di giovani radunati a Cracovia per la Giornata Mondiale della Gioventù, che fu istituita dal polacco Wojtyla e che e sopravvissuta alla scomparsa del suo fondatore, continuando a camminare prima sulle gambe del teologo Ratzinger e poi su quelle di un uomo, prima ancora che di un pontefice, venuto dalla fine del mondo per ricordare all’Europa e all’Occidente la propria missione storica, per risvegliarci dal torpore nel quale eravamo piombati e per condannare senza appello l’insostenibilità dell’ideologia liberista che altro non e che una forma moderna di totalitarismo, con la sua costante tendenza all’alienazione dell’uomo e alla messa in discussione dei suoi diritti e della sua libertà.
Papa Francesco missionario e apostolo negli anni della Terza guerra mondiale differita: il primo a chiamare questa catastrofe globale con il proprio nome, il primo a non usare giri di parole per emettere una condanna senza appello dell’orrore e della violenza, il primo ad appellarsi, con coraggio e umiltà, a quel Dio d’Avvento e di misericordia cui ha dedicato addirittura un Giubileo straordinario, con l’auspicio che possa infondere nei cuori di milioni di persone un messaggio di pace, gettando il seme di una convivenza civile all’insegna della tolleranza e dell’amore universale.
Papa Francesco e il suo guardare in faccia la realtà, senza ipocrisie, senza infingimenti, senza nascondere alcun particolare della carneficina in atto, richiamando la comunità cristiana ai suoi doveri e trovando lui per primo la forza, non comune, di chiedere scusa per i numerosi peccati del passato: dalla pedofilia a certe forme di intolleranza, fino all’esibizione di un’inesistente superiorità che ha compromesso, per un periodo, i rapporti tra le varie fedi.
Papa Francesco e la rivendicazione dell’esistenza di un unico Dio comune a tutti i credenti e anche ai non credenti, in quella che dev’essere una religione dell’accoglienza e dell’amore puro e senza frontiere, come puro e senza frontiere è il suo messaggio di speranza che da Cracovia si è propagato per il mondo, toccando felicemente i cuori di giovani generazioni accorse in massa per ritrovare una bandiera da seguire, nel deserto della politica e nella drammatica mancanza di ideali e punti di riferimento che caratterizza la società contemporanea.
Papa Francesco e la sua opposizione silenziosa ai dogmi imperanti e a certi tabù che avevano zavorrato la Chiesa negli anni scorsi, sconfitti da un pragmatismo ricco di umanità, di apertura e di saggezza, capace di restituire un senso di appartenenza a una comunità scossa dagli scandali e di accogliere e integrare una miriade di persone che solo nelle parole di Bergoglio ritrovano il senso della propria vita, un orizzonte cui tendere e una speranza concreta in cui credere.
Papa Francesco: le parole e il silenzio, entrambi veicoli efficaci di un pensiero globale che è anche l’unico esistente e sufficientemente credibile in quest’epoca in cui ciò che manca drammaticamente, a tutte le latitudini, è proprio un pensiero e una visione del mondo che vada al di là del proprio ego.


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