I giovani i più colpiti. Incontri Cgil, Cisl, Uil-Confindustria. Il nodo dei contratti. Riparte il tavolo governo-sindacati
Di Alessandro Cardulli
Cgil, Cisl, Uil hanno fatto il punto in vista dell’incontro di domani con Confindustria, il primo di un serie di confronti su numerosi temi: gli ammortizzatori sociali, in particolare nelle aree di crisi complesse, la gestione delle crisi industriali e le possibili misure di welfare a esse collegate, le politiche attive e le risorse a queste destinate per arrivare poi alla spinosa questione della contrattazione. Intanto Istat malgrado i giri di parole, escludendo dai calcoli sulla forza lavoro i cosiddetti inattivi che non cercano più un posto, rende noto che l’occupazione nel mese di luglio è scesa dello 0,3%. L’obiettivo della riunione di domani fra sindacati e organizzazione degli imprenditori – scrive Rassegna.it – è quello di definire un documento comune da presentare al governo partendo da un assunto: l’abolizione, prevista dalla “riforma Fornero” dal 1 gennaio 2017, dell’indennità di mobilità e della cassa integrazione in deroga, che riguarderebbe attualmente 218 mila lavoratori (di cui solo uno su dieci in possesso dei requisiti per il pensionamento). Si pone allora la necessità di intervenire: la proposta sembra essere quella di una proroga di due anni (di tre nel Mezzogiorno) degli ammortizzatori sociali in queste aree, ma anche nei casi di crisi aziendali in cui si è in presenza di processi di riconversione e riqualificazione produttiva. Si riapre anche il tavolo governo-sindacati: martedì 6 settembre (proprio sul tema degli ammortizzatori sociali), mercoledì 7 (sulle pensioni) e lunedì 12 (riunione di carattere “politico”). Cgil, Cisl, Uil e Confindustria hanno invece in programma un lavoro più complesso (che segue il primo incontro di fine luglio), anche se ancora tutto da definire, che intende toccare vari argomenti, come il nuovo modello contrattuale, la rappresentanza e la bilateralità.
I sindacati ribadiscono la centralità della contrattazione nazionale
Sulla contrattazione, il tema caldo dei confronti, le posizioni sono distanti. In sintesi i sindacati hanno presentato una proposta che ribadisce la centralità della contrattazione nazionale mentre Confindustria, in testa i falchi di Federmeccanica, punta allo smantellamento dei contratti nazionali puntando alla contrattazione aziendale, stile Marchionne, che lascerebbe privi di tutela milioni di lavoratori. Sindacati e organizzazioni delle imprese, a partire da Confapi, si sono invece confrontati positivamente raggiungendo importanti intese. Ovvio che nel confronto si parlerà della situazione economica del Paese. Altro fronte di Cgil, Cisl, Uil quello aperto con il governo con particolare riferimento alle pensioni, alla flessibilità dell’età pensionabile. Nei prossimi giorni è prevista la riapertura del tavolo di confronto.
Due interventi dell’Istituto di statistica segnalano che il paese non cresce
Proprio in questi giorni sono da segnalare due interventi dell’Istat. Il primo quello che registra il calo della fiducia dei cittadini consumatori e delle imprese. Il secondo è quello relativo alla occupazione che registra un nuovo calo anche se si tenta di mascherarlo. Ma ormai il trucco è scoperto e Istat potrebbe smetterla con il balletto sullo stato della occupazione dando modo alla truppa degli scribi renziani e di quelli radiotelevisivi di annunciare che la disoccupazione diminuisce, seppur di poco. Scende all’11,4% a luglio, in calo di 0,1 punti percentuali su giugno tornando così al livello di maggio. A rilevarlo è l’Istat secondo cui i disoccupati (2,9 milioni) diminuiscono dell’1,3% rispetto a giugno (-39 mila). Istat precisa che questa riduzione interessa sia gli uomini che le donne, ma non i giovani fino a 34 anni. Anzi il tasso di disoccupazione in questa fascia di età, la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi, è pari al 39,2%, in crescita di 2 punti percentuali rispetto al mese precedente. Quello che veramente è impressionante è il dato relativo alla disoccupazione giovanile che risale di ben 2 punti percentuali, tornando al 39,2%. Ancora più preoccupante è la svista dell’Istituto di Statistica che non sottolinea in maniera evidente e eclatante questo dato nel comunicato che accompagna la presentazione del rapporto. “Non è non dando la giusta rilevanza a tali dati che si aiuta il Paese a venir fuori da questa allarmante situazione di stallo. È ora di riaprire gli occhi sulla realtà e di richiamare alla responsabilità il Governo ed il Parlamento intero” – dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti di Federconsumatori e Adusbef. La disoccupazione non fa altro che alimentare la crisi che, nonostante i ripetuti e continui tentativi di dissimulazione, ancora affligge in maniera pesante l’intera economia, dai consumi alla produzione.
Aumentano gli “inattivi”, disoccupati che hanno perso la speranza di un lavoro
Dove sta il trucco? Elementare: il tasso di disoccupazione rilevato dall’Istat è, infatti, dato dal rapporto fra i disoccupati e il totale della forza lavoro, occupati e disoccupati – chi cerca lavoro, ma non lo trova. A far calare il tasso è stata quindi la riduzione della forza lavoro perché alcune decine di migliaia di disoccupati hanno smesso di cercare un impiego. Sempre Istat aveva segnalato che cresceva la sfiducia dei consumatori e delle imprese. Un conferma viene proprio dal fatto che aumentano gli inattivi i quali non cercano neppure il posto di lavoro. Diventano dei “desaparecidos” ma sono persone in carne e ossa. Sono a tutti gli effetti dei disoccupati. L’anno passato gli inattivi, sempre secondo dati Istat erano diminuiti. Ora, causa la mancanza di fiducia, sono tornati ad aumentare.
Gli occupati scendono dello 0,3%. L’aumento dell’età lavorativa
I dati reali a luglio vedono un calo degli occupati dello 0,3% rispetto a giugno (-63 mila), interrompendo la tendenza positiva registrata nei quattro mesi precedenti (+0,4% a marzo, +0,5% ad aprile, +0,2% a maggio e giugno). Tuttavia, il numero di quanti hanno un impiego (22,76 milioni di persone) – spiega Istat – è rimasto sostanzialmente invariato, nonostante il preoccupante calo che riguarda i lavoratori fino ai 49 anni a fronte di un netto aumento tra gli over 50, dovuto ovviamente al progressivo allungamento dell’età lavorativa . Negli ultimi 12 mesi, gli occupati con più di 50 anni sono cresciuti di 402mila unità, mentre quelli fino a 49 anni sono calati di 136mila persone. Si tratta di numeri eloquenti che rendono del tutto inattendibili le previsioni di crescita su base annua del numero degli occupati dell’1.2%. Sono gli over 50 , come rileva lo stesso Istituto di statistica che sostengono l’occupazione. Ma è solo un artifizio numerico dovuto all’allungamento dell’ età lavorativa. Che non ci siano segnali di ripresa, malgrado l’ottimismo dei renziani lo conferma il fatto che a luglio sono lievemente aumentati (+10mila) i contratti a termine, mentre quelli stabili sono invariati (-5mila). Per quanto riguarda i lavoratori indipendenti, gli autonomi, diminuiscono di 68 mila unità sul mese (-1,2%) e di 18 mila unità sull’anno (-0,3%).