Condividiamo con l’Ecuador le caratteristiche di una terra nervosa che troppo di frequente sfoga in disastri. Quello di pochi mesi fa, flagellando le provincie di Manabì ed Esmeraldas, ha piegato un paese già in crisi economica, evidenziando anche le falle legate alla distribuzione degli aiuti, gestita in maniera non encomiabile.
Tristi analogie ma stampa sobria
da Manta, Ecuador. Gli ingegneri strutturali che stanno studiando lo stato delle costruzioni crollate, hanno già definito una “cattedra spietata” il post-sisma, da cui attingere lezioni dolorose. Sono stati costruiti edifici a catena, a Manta cosi come il resto di Manabì, senza alcun criterio di sicurezza, risparmiando criminalmente sui materiali impiegati, pur a fronte di una casistica storica negativa, derivata dalle calamità passate. Tristi analogie con la tragedia aquilana e quella attuale di Amatrice e Arquata del Tronto, scaturiscono dalle ispezioni post-terremoto, che hanno appurato quanto segue:
1) Cemento scarso, in rapporto alla sabbia in eccesso, per l’impasto del calcestruzzo. Sabbia spesso marina, carica di sale corrosivo.
2) L’assenza di plinto, il supporto prismatico di rinforzo per la colonna portante degli edifici, accomuna il crollo dell’hotel Lun Fun a quello della Casa Studente aquilana, che ne uccise una decina. Costante che si sta ripetendo ad Amatrice, sotto lente la scuola elementare.
227.000 i fabbricati difettosi in Ecuador; solo in Manta, sono 5.000 le case bollate: sigillo rosso (inabitabile) giallo (a rischio).
7.8 il grado magnitudo del sisma quaggiù. Basti pensare che il terremoto che rase al suolo l’Aquila nel 2009 registrò “solo” 5.8°, 6° il sisma reatino/ascolano di questi giorni.
Dai rilievi Gps, scaturisce l’abbassamento della costa pacifica di 5 mt. L’energia scaturita equivale a quella di una bomba ad idrogeno, più potente dell’atomica di Hiroshima. 25.000 edifici civili crollati o danneggiati. Decine di hotel, tra Manta, Portoviejo, Pedernales, frantumati come biscotti. Aiuti copiosi a fondo perduto per 400 milioni da parte di America Latina, Cina, Spagna, Giappone e Stati Uniti. 2 miliardi lo Stato li ha recuperati dal settore privato, aumentando l’IVA dal 12% al 14%, con sovrattassa di 1% sui patrimoni superiori al milione. 650 milioni prestati da Banco Desarrollo América Latina e Banca Mondiale, 400 da FMI. La Cina ha fatto il grosso a tassi agevolati, in cambio di un abbassamento dei dazi doganali sui veicoli importati dal Paese.
Da encomiare l’atteggiamento della stampa locale; su entrambi i fronti, il suo profilo è rimasto basso, evitando retorica strappalacrime e strumentalizzazioni. Le testate di El Telegrafo (governativo) El Universo y El Comercio (opposizione), oltre a El Diario che a Manta è il più letto, non han speculato più di tanto sulla vicenda, pur mantenendo il duro antagonismo di sempre sui temi strettamente politici. Il dramma italiano di questi giorni occupa le prime pagine.
Ripartizioni a casaccio
“Abbiamo i magazzini di Quito pieni di acqua e viveri, 30 ostelli, che possono ospitare ciascuno 1000 famiglie di damnificados.
La Cina ci ha consegnato 6.000 tende, l’UNCHR 1.600, il Giappone 400. Una carpa (tenda) media può accogliere almeno 4 persone. Eppure molti preferiscono rimanere vicino alle macerie, per paura di perdere quel poco che è loro rimasto” così lamenta Nathalie Ramirez, Directora de Relaciones Exteriores y Seguridad, intervistata nella capitale. Damnificados, sta per terremotati: sono in totale 150.000 famiglie, secondo Ecu 911, il centro coordinamento soccorso. Sommando gli spazi disponibili, si supera di poco i 60.000 nuclei. Anche se fossero tutti occupati, ne rimarrebbero comunque quasi 90.000 da accudire sul posto.
A Manta, il fattore comune dominante, è la sproporzione nella ripartizione degli aiuti, che avvantaggia alcuni a scapito di altri. Alla playa Tarqui, gli accampati ricevono in media una consegna a settimana, viveri base quali riso, fagioli, zucchero e scatolame. Qua il sisma ha fatto tabula rasa; in calle 110, alternati a tende cinesi, che sono di buona fattura e relativamente comode, si snodano, visibili dalla strada principale, filari di teloni di plastica nera, rappezzati da cartoni e stracci, dove sopravvivono in condizioni pessime decine di famiglie; calura umida, e un mix volatile di sabbia e polvere delle macerie. Nella parte alta, anziani lamentano di non aver mai ricevuto nulla. Spostandosi a nord, nel barrio Miraflores, gli scompensi maggiori; ci sono famiglie che ammettono tre consegne settimanali, e dirimpettai inferociti lasciati al loro destino. Nel percorso in auto, lungo la costa Nord in direzione Colombia, che attraversa i centri di Bahia, S.Vicente e Caja, la tendopoli di Canoa ospita la quasi totalità della popolazione, il paesino è scomparso. Arriviamo a Pedernales, l’epicentro del terremoto, dove la linea de l’equatore divide a metà il globo. Negli ostelli governativi, convivono sfollati e Ong, le condizioni di vita sono più che dignitose.
Ma il quadro cambia nel barrio Brisa Pacifica: a due passi dal tendone di Usaid, disabitato tra l’altro, si arrabattano tra detriti e cani randagi, famiglie con numerosi bambini; poche tende, si utilizzano le macerie, rappezzate da bandoni in lamiera e materassi, per trovare riparo. Quello che fa specie, è la fitta presenza di Ong locali e internazionali a due passi, e pochi interventi. Ramirez, in collegamento whatsapp da Quito, rincara la dose, attribuendo alla loro azione sul territorio, non coordinata con il governo, la responsabilità degli scompensi; per cui c’è chi riceve aiuti da entrambi, e chi è saltato a piè pari.
Il Miduvi (Ministero dello sviluppo urbano e abitativo) ha stanziato un bonus di 10.000 dollari per ricostruire su un terreno a norma sismica o in alternativa, un prefabbricato di 40 mq. dello stesso valore. Circa la metà delle famiglie, non è iscritta al RUD (Registro Unico Damnificados) che prevede compensi di 235 dollari mensili per chi fornisce loro vitto e alloggio.
Ghost City
Nella capitale di Manabì, Portoviejo, incontriamo David Tellez, coordinatore di Ecu 911, che ci porta a visitare il più grande ostello del paese, 1500 famiglie rifugiate, alle quali non manca nulla. La zona cero al centro, è invece lo scenario di un film di guerra; entriamo scortati da una pattuglia anti-sciacalli. Le strade sono invase da un fango limaccioso, sotto moncherini di negozi e uffici che sembrano crollare da un momento all’altro. Ci sono proprietari che attendono la visita degli assicuratori per quantificare il rimborso, prima di dare il nulla osta alla demolizione, per cui i tempi si allungano. Il cuore del business costiero è spezzato in due. Perdite quantificate in 3 miliardi di dollari, il 3% del PIL. Sospeso il pagamento dell’Iva per le provincie coinvolte. Il militare che ci scorta nel tour, descrive l’incubo che ha fatto seguito alla prima scossa: negozi depredati, camion di viveri svuotati, le ditte costrette a sospendere le consegne. Le falle sui materiali da costruzione riscontrate nel crollo dell’ospedale di Manta, a cui sono stati asportati macchinari nuovi di zecca nella furia del saccheggio. Università Laica ha perso la biblioteca e la facoltà di scienze mediche. Secondo soldati e commessi viaggiatori, le cifre delle perdite umane riportate, 660 più dispersi, sono per difetto; sfiorano in realtà il migliaio, molti sepolti dai familiari senza essere denunciati alle autorità. Il frastuono di ruspe e camion, lascia ben sperare che la ricostruzione inizi entro la fine dell’anno.
Racconto delle carriole aquilane, mi guardano, impietriti “no va a pasar aquí” assicura il sergente capo pattuglia.
La rassegnazione non è ammessa quaggiù, vade retro.
L’ultima sfida di Correa
“Il paese ha bisogno di liberarsi della mia presenza, io un po’ pure del Paese”. Ha dichiarato il presidente, tra il serio e il faceto, alla prospettiva di una modifica costituzionale per allungare il suo mandato, che scade nel 2017.
Le polemiche per l’aumento delle tabelle fiscali che regolano donazioni e lasciti ereditari, montano insieme alla recessione e l’aumento della disoccupazione. L’opposizione omette di citare le riforme sociali che hanno contribuito a dimezzare il tasso di povertà, ricavando dalla tassazione sulle banche e l’estrazione del crudo, i proventi per pensioni minime, programmi sociali, casalinghe e donne single con figli a carico. La sanità gratuita rimane il fiore all’occhiello, considerando anche che, con la riforma del codice penale, il paziente è ora tutelato a livello legislativo, in caso di negligenza dei medici. E’ nelle pieghe della ricostruzione a norma sismica, l’ultima sfida che Correa deve vincere, per chiudere in maniera positiva il bilancio dei suoi mandati presidenziali. Evitando così il ritorno del nord americanismo, che continua a soffiare sul fuoco.
(Foto @Flavio Bacchetta – su il manifesto un suo articolo similare)
Ringraziamenti
Ringrazio il Sig Avellan, titolare delle farmacie Santa Marta, e i funzionari governativi citati nel pezzo, che mi hanno trasportato a loro spese sul territorio, fornendomi le informazioni che hanno permesso questo reportage. E tutte le famiglie, alle quali abbiamo donato generi alimentari e prodotti per l’igiene personale, di cui ammiriamo la compostezza e la loro grande pazienza. Auguri di cuore (f.b.)