Il nostro paese, titola il manifesto, sotto una foto presa dall’alto di Amatrice devastata. È il titolo che condivido. Il nostro paese, stupendo e fragile. Spesso diviso ma capace di grandi solidarietà, come quella che già si dispiega e che crescerà nei prossimi giorni. Anche il titolo del Giornale ha un senso: “Forza italiani, Forza Renzi”. Davanti a 247 italiani morti, a paesi cancellati, ai dispersi, ai feriti, una nazione deve sapersi unire. Il governo non è di una parte, è di tutti. E tutti speriamo, vogliamo e crediamo che non si ripeta, questa volta, lo spettacolo delle promesse non mantenute, che non si ripeta l’oltraggio degli interessi che prevalgono sulle necessità e sul dolore. “Belice 1968, Friuli 1976, Irpinia 1980, Abruzzo 2009”, il Fatto Quotidiano ricorda le più recenti analoghe tragedie e titola “Un altro terremoto. I soliti coccodrilli”. “Nessun pianga – scrive per La Stampa Antonio Scurati – non una sola lacrima mediatica sia versata per Amatrice a favore di telecamere o di obiettivi fotografici”. Bisogna aiutare in silenzio, ascoltare con attenzione, promettere poco e impegnarsi a fare più di quello che si promette. “Noi italiani moderni – prosegue Scurati – siamo figli del melodramma. Abbiamo Verdi come padre. Il genio di Busseto c’insegnò che nel pianto, nella lacrima di commozione, si distilla la verità della condizione umana. Ma ciò che nell’arte è sublime, nella vita è nevrosi o, peggio, colpevole inerzia. Risparmiamo, dunque, il pianto e prodighiamo ogni sforzo per rifondare il Paese, i paesi.”
Il terremoto siamo noi. (Ancora Scurati) “In Italia il 70% delle costruzioni non rispecchia le regole antisismiche”, Corriere della Sera. Sono “friabili e vecchie di un secolo le case che cedono al sisma”, scrive La Stampa. Ma “sono venute giù anche le case degli anni 60”, nota il Corriere. Purtroppo – lo sappiamo – in quegli anni si è costruito molto senza badare a come. Sono mali antichi. Ogni volta che si presenta una tragedia, tutti, dagli scienziati agli uomini politici passando per i giornalisti, tutti riconosciamo come sarebbe indispensabile mettere a punto un piano di investimenti e di opere pubbliche per proteggere le città e i luoghi d’arte, i fiumi e i torrenti, per coltivare di nuovo colline e montagne, dello splendido paese che viviamo. Poi veniamo assorbiti da altre priorità, spesso da altre polemiche: col tempo cala il silenzio delle coscienze. Fino alla prossima catastrofe. Roberto Saviano scrive per Repubblica della straordinaria solidarietà che si sta manifestando in queste ore: chi porta l’acqua, chi apre la propria casa, chi subito si dà da fare per raccogliere quanti più fondi. Poi ricorda quel che disse Sandro Pertini, dopo il terremoto del 1980 in Irpinia: «Qui non c’entra la politica, qui c’entra la solidarietà umana. Tutte le italiane e gli italiani devono sentirsi mobilitati per andare in aiuto a questi fratelli colpiti dalla sciagura, perché credetemi: il modo migliore di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi».
Post scriptum. Confido che Renzi arrivi in giornata nelle zone più colpite, che taccia e invece guardi e ascolti. Spero che il governo faccia poi il contrario di quel che abbiamo visto fare troppe altre volte nel passato. Si pavoneggi poco e assicuri solidarietà e assistenza ai terremotati. Denunci (e sbatta in galera) gli “imprenditori” sciacalli e i funzionari corrotti, vigili sulla ricostruzione. Faccia sentire che l’Italia c’è, invece di ripeterlo a vanvera. Questo ho scritto ieri nel Caffè ed era – o meglio almeno voleva essere – un modo di esprimere la mia speranza e la mia fiducia che il governo Renzi avrebbe saputo reagire meglio all’emergenza del terremoto di quanto non avessi visto fare da altri governi in passato. Invece la frase in corsivo è stata interpretata come una critica preventiva al governo. Addirittura come un atto di sciacallaggio. Mi sono espresso male? Quelle parole “taccia” e “a vanvera”, estrapolate dal contesto, sono apparse troppo crude? È possibile e se è così faccio ammenda. Ma temo che il problema sia più grave: discutere tutte le mattine di quello che scrivono i giornali, farlo senza reticenza e mettendosi in questione, è un’operazione in sé rischiosa, che già a Rainews24 mi aveva procurato molti nemici. Farlo poi, da senatore, quando sei stato individuato – a torto o a ragione – come un ostinato avversario del premier, di un premier i cui atti e le cui parole trovano spazio ogni giorno sulle prime pagine, è ancora peggio. Infine la parola scritta può essere ripresa, amplificata, le si possono attribuire intenzioni che non aveva ma che servono per esprimere indignazione. E subito gli indignati generano altri indignati che spesso non hanno nemmeno letto il post originale. Valuterò se rinunciare alla formula del Caffè.