“Le parole, mi raccomando le parole, usatele con sobrietà, non sparatele come proiettili..”, parole di Federico Orlando, il nostro indimenticabile presidente scomparso due anni fa. Altri racconteranno del suo sodalizio con Indro Montanelli, della sua scelta liberale, del suo impegno al Giornale, alla Voce, ad Europa, il giornale che lo ha accolto e lo ha visto quotidianamente impegnato sino all’ultimo giorno,come condirettore ed editorialista.
Aveva deciso di fondare Articolo 21 nei giorni del berlusconismo imperante, del conflitto di interessi esibito ed usato come una clava contro gli avversari, degli editti bulgari contro i Biagi e i Santoro e non solo. A chi gli chiedeva perché mai lui, con la sua storia, avesse deciso di percorrere un tratto di strada con donne e uomini che provenivano da esperienze diverse dalla sua, rispondeva così: “Sto con chi crede nella Costituzione e contrasta censure e bavagli..”
Da presidente di Articolo 21 non ha mai mancato di intervenire ogni qual volta ha avvertito il rischio di un oscuramento oppure una lesione dei diritti civili; proprio per questo aveva rinsaldato i legami con Marco Pannella e con le battaglie dei radicali sul fine vita, sulle unioni civili, sui rispetto di ogni forma di diversità e differenza. Lo ha fatto, anche e soprattutto, quando i segnali di intolleranza o dì indifferentismo etico gli sembravano arrivare dai cosiddetti amici, da quello schieramento di centro sinistra nel quale aveva scelto di stare, ma senza mai rinunciare alla sua autonomia di giudizio, alla sua capacità di sferzare anche il vicino di banco.
Il lavoro non gli sarebbe mancato neppure in questo periodo, perché Federico non amava lisciare il pelo ad alcuno, non sopportava il “silenzio, stiamo lavorando per voi..”, ma non sopportava neppure lo sfascismo dominante, il dileggio verso le istituzioni democratiche, le invettive ed il turpiloquio che, in molti casi, hanno sostituito la riflessione e la proposta.
“Attenzione all’uso delle parole..”, ci ripeteva ad ogni riunione della associazione o della redazione di Articolo21: ” Parliamo di tutto, scriviamo su tutto, ospitiamo le opinioni diverse dalle nostre, ma non concediamo nulla alla sciatteria, alla mancanza di verifica, alla bestemmia che prende il posto dell’analisi, diffidate sempre di chi usa male le parole..” Questo monito, che per lui era anche uno stile di vita, discendeva dal suo fastidio, culturale ancor prima che politico, per quei movimenti che avevano animato il prefascismo e che avevano sdoganato prima il linguaggio della violenza e poi la pratica del pestaggio, dell’ olio di ricino, degli assalti alle redazioni, sino alla vittoria del fascismo e al ventennio della sospensione dei diritto, delle leggi razziali, del massacro bellico.
I linguaggi e le pratiche degli estremismi e degli oscurantismi, di qualsiasi natura e colore, erano distanti luce dal suo modo di essere: “Esiste un abisso tra il radicalismo verbale che non richiede studio e stile, e la radicalità che invece richiede profondità e capacità di scavare, di andare oltre le banalità e le omologazioni..”
Questo, tra i tanti, è forse l’insegnamento che ci è più caro e che vorremmo non disperdere.
Sappiamo che lo “spirito dei tempi” sembra spirare in altra direzione, ma Federico non ha mai fatto parte della folta schiera di chi attende il vento per chinarsi prima e meglio.
Un abbraccio alla moglie Nella, ai figli e ai suoi nipoti che, giustamente, continuano a ricordarlo con orgoglio ed affetto. A loro giunga il nostro più affettuoso abbraccio.