Nei giorni scorsi,insieme a Padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa francescana di Assisi, avevamo invocato “Gesti di pace e di comunicazione”, da contrapporre alla follia assassina di chi trasforma l’odio in sangue e celebra la propria egolatria anche attraverso i media, alla ricerca di una identità che affonda le sue radici non tanto nel Corano, quanto nei nuovi idoli di una modernità ammalata e segnata dalla ricerca della presunta immortalità assicurata dalla rete e dal marketing.
Questo risposta, clamorosa e intensa, è arrivata dal gesto compiuto a Rouen, in Francia, dove centinaia di musulmani e cattolici hanno pregato insieme in quella stesso Chiesa dove era stato ammazzato Padre Jacques Hamel, uomo di pace e dialogo.
Quel gesto è stato ripetuto in tante altre Chiese, in Francia e in Italia, e speriamo che generi un positivo contagio ovunque, che pure le moschee di tutta Europa, e non solo, aprano le porte a chi vuole abbattere i muri dell’odio e dell’indifferenza.
La preghiera di Rouen non ha solo un significato religioso, ma anche politico e mediatico.
Contrariamente quello che pensano i teorici dello scontro tra civiltà e i razzisti di ogni colore e natura, compresi quelli islamici, la scelta di pregare insieme è una delle ” Armi” più potenti da utilizzare per tentare di dare all’umanità un futuro di pace, una speranza di poter vivere senza il permanente ricatto dei signori della guerra e del terrore e dei loro migliori alleati: I trafficanti di armi, come ricorda sempre Papa Francesco.
L’amplificazione mediatica di quelle preghiere ha suscitato il fastidio e la rabbia di chi vive alimentando l’industria della paura e ha bisogno della quotidiana dose di odio per sfamare I propri eserciti.
Il boia Daesh non può sopportare una preghiera comune, I costruttori di muri neppure.
Eppure quella preghiera ha anche un significato politico, che dovrebbe essere raccolto dai governi e anche da chi, credente o non credente che sia, non intenda rassegnarsi alla inevitabilità della disgregazione e alla “dialettica delle armi”
La capacità e la volontà di unire chi, pur pregando con parole diverse,vuole costruire un percorso comune, deve animare anche quella parte della politica che non ha bisogno e non vuole inquinare i pozzi della civile convivenza pur di lucrare qualche consenso in più.
“Non é giusto identificare l’Islam con la violenza, non è giusto, non è vero. Si tratta di una piccola minoranza..”, così Francesco in un’intervista rilasciata a Gianguido Vecchi, giornalista del Corriere della Sera.
Forse parole simili segneranno anche il prossimo viaggio ad Assisi, quando il Papa si raccoglierà, in preghiera e meditazione, alla Porziuncola, ultima dimora terrena di San Francesco, luogo simbolo delle sue riflessioni e soprattutto dei suoi gesti di misericordia e di accoglienza.
La preghiera comune di Rouen, gesto profetico e politico, é destinato a rivivere nel prossimo incontro tra il Francesco di ieri e quello di oggi.