Andrea Romano ha detto a “In onda”, quasi a rivendicare un titolo di merito, che i fautori del Si alla revisione costituzionale hanno rispettato la procedura prevista dall’art. 138 della Carta, norma per la quale d’altra parte non e’ prevista alcuna modifica: doppia approvazione da parte di ciascuna delle due Camere, eventuale referendum. Un singolare compiacimento, come vantarsi di non aver fatto ricorso a un golpe. Di Battista, sempre a
“in onda” ha invece posto in guardia, a ragione, contro l’indebolimento della garanzia costituzionale di stabilità, nel caso che, dopo l’eventuale approvazione della revisione oggi richiesta, se ne proponga un’altra, per apportare ulteriori modifiche alla Carta: una revisione a catena, con l’intento di intaccare, ad esempio, anche la prima parte della Costituzione contenente l’affermazione dei principi fondamentali di salvaguardia dei diritti dei cittadini.
Per questa eventuale seconda revisione, la procedura sarebbe la stessa fin qui seguita: doppia approvazione da parte di ciascuna delle due Camere, eventuale referendum. Ma il Parlamento per effetto della eventuale prima
revisione sarà cambiato nella composizione e nelle funzioni presupposte dal legislatore costituente. In sostanza fino ad oggi i componenti delle Camere riunite sono titolari di incarichi pubblici di pari peso e dei relativi
poteri. Se dovesse passare la riforma, le modalità di elezione di senatori e deputati saranno diverse, come pure i poteri dei singoli componenti dell’Assemblea. Certamente, quando ha introdotto l’art.138 in materia di
revisione, il Legislatore costituente non prevedeva che si sarebbe attuata una netta differenziazione tra Camera e Senato, con la pressoché totale demolizione del secondo. Tanto piu’ che questo sviluppo rende più agevole la revisione della Costituzione anche per effetto di una legge elettorale tendente a intervenire sulla formazione delle maggioranze parlamentari mediante meccanismi premiali che riducono la rappresentatività del Parlamento.
Si rischia perciò, se passera’ il Si, di consentire successive agevoli revisioni della Costituzione, che verrà a perdere il carattere di fondamentale stabilità, essenziale in un paese democratico.