La legge contro il caporalato fa un nuovo salto in avanti. Per la sua approvazione finale manca l’ultimo passo, quello decisivo alla Camera. Una legge scritta per dare giustizia ai lavoratori e alle lavoratrici che vivono sotto ricatto, sfruttati per 12 ore con salari prossimi ai 3 euro l’ora, che vivono in alloggi precari sprovvisti dei servizi essenziali come l’acqua e la corrente elettrica. Sono circa in 400 mila a vivere quotidianamente una condizione insostenibile. Il ddl 2217 prevede il carcere fino a sei anni non solo per il caporale ma anche per le imprese che sfruttano il lavoratore. Ogni bracciante reclutato e destinato a una condizione di sfruttamento equivale a una sanzione dai 500 ai 1000 euro sia per chi svolge l’attività di accaparramento della manodopera sia per chi la impiega.
Mohammed Abdullah, sudanese, morto nelle terre di Nardò sotto il sole, Paola Clemente, 49 anni, morta nelle campagne vicino Andria; George Barbieru, rumeno, ha terminato il suo ultimo turno sotto il sole in provincia di Verona. Maria Lemma, 39 anni, morta poco prima di Ferragosto; Zakaria Ben Hasine, tunisino sposato e con quattro figli, in Italia da una vita, morto sul lavoro; Arcangelo De Marco, morto sotto la vigna Vasile Tusa, 36 anni, rumeno, morto dopo un malore sul lavoro. Ioan Puscasu con la passione per la pesca, lavoratore nell’orto senza contratto, piegato in serra mentre lavorava ai fagiolini. La lista è solo un accenno dei defunti del 2015 che potrebbe continuare fino a comporre un muro dei caduti in aziende agricole dove il contratto è un miraggio. Sono vittime di imprese che non hanno garantito i diritti essenziali per i lavoratori in un malaffare organizzato e gestito per anni da intermediari senza scrupoli in grado di reperire manodopera tra le maglie della crisi, della disperazione diffusa, dell’illegalità divenuta norma.
La legge è la fine dell’inizio di un fenomeno trascurato negli anni. L’inizio della fine è previsto nel momento in cui la tracciabilità degli alimenti diventa chiaro ed evidente, quando ripensiamo come consumatori al prodotto con una forte ispirazione etica che tenga conto del costo del lavoro e non solo del risparmio, della cinica regola del tanto a poco. E’ arrivato il momento di bucare un sistema criminoso, strapparne le radici a partire dalle nostre tavole fino alle istituzioni nel mezzo la battaglia dei diritti nei campi. E’ una battaglia di tutti per mettere la parola “fine” a questa triste storia.