Due giorni dopo il sit-in di protesta organizzato a Roma, la Fnsi torna a chiedere l’intervento dell’Unione europea e dei rappresentanti degli Stati membri affinché pongano in essere azioni concrete contro la deriva autoritaria del post-golpe.
«In Turchia si stanno progressivamente cancellando la democrazia e tutte le libertà fondamentali che ne discendono. E il fatto che i protagonisti di questo golpe mascherato siano stati democraticamente eletti non può rappresentare un alibi per gli organismi internazionali. Non bastano più gli appelli. Bisogna agire perché la cancellazione dei diritti e delle libertà civili, in nome di una normalizzazione che ha sempre più i connotati di un regime autoritario, riguarda tutti», incalzano i vertici della Fnsi.
Mentre dai governi dei Paesi europei e degli Stati Uniti si levano timidi appelli al rispetto delle regole dello Stato di diritto, in Turchia continuano le incarcerazioni di magistrati, insegnanti, studenti, militari e, soprattutto, giornalisti e la chiusura di numerose testate considerate sgradite.
E il tentativo di bavaglio si sta estendendo anche ai giornalisti stranieri che in questi giorni stanno raccontando quello che avviene in quel Paese: nella giornata di ieri, un giornalista italiano, Paolo Brera, di Repubblica, è stato fermato dalla polizia turca mentre faceva il suo lavoro di cronista ed è stato rilasciato soltanto dopo l’intervento dell’ambasciata italiana.
Occorre, dunque, una grande mobilitazione come quella che portò alla grande marcia a Parigi, dopo la strage di Charlie Hebdo. Come annunciato in occasione del sit-in davanti all’ambasciata turca a Roma, la Fnsi organizzerà una giornata di mobilitazione a Milano, a sostegno dei giornalisti turchi, insieme con le organizzazioni internazionale ed europea dei giornalisti, che hanno già chiesto di essere ricevute dal Consiglio d’Europa.